L’alta moda a Roma

Lucia Serlenga

L’Italia vista da AltaRoma è una signora di una certa età che veste tricolore e si dà molto da fare, ma non ha il dono della freschezza. Alle sfilate in corso fino a domani sera nel complesso monumentale di Santo Spirito in Sassia si vedono due file di vittime illustri della chirurgia estetica equamente divise tra cerbiatti impagliati dal botulino e brontosauri mascherati da scoiattolo. Applaudono tutto, dicono il fatidico «lei non sa chi sono io» e indicano i vestiti che passano come si vede fare nei film. Parlare di alta moda con un simile parterre è difficile. Eppure si dovrebbe perché Roma ha una vera tradizione in questo campo, oltre a essere la capitale di un Paese che da molti anni paga il saldo della bolletta petrolifera grazie al settore del tessile-abbigliamento. Proprio per questo fa piacere constatare che il leit motiv delle collezioni per la prossima estate è proprio l’orgoglio patrio nel centocinquantenario dell’unità d’Italia.
Certo c’è modo e modo di farlo. Per esempio Marella Ferrera, stilista e assessore alla Cultura di Catania, sceglie la via della memoria con poetici riferimenti alle spose che negli anni Venti raggiungevano i mariti emigrati in America mettendosi addosso tutti i ricordi di una vita. Ecco quindi i vestiti fatti con le vecchie foto di Peppino Leone che raccontano la Sicilia tagliate al laser e inserite nella stoffa come grandi paillette oppure stampate sullo chiffon bianco e nero oppure seppiato. Bellissimo l’abito con un patchwork di centrini macramè e quelli con il pizzo ricamato in verticale particolarmente donante sulle forme semplici care alla Ferrera.
Invece la maison Gattinoni punta sempre sul sensazionalismo che stavolta era l’abito tricolore indossato da Miss Italia 2010 con tanto di richiamo al silenzio per media e politici ormai fuori da ogni controllo. Passa così in secondo piano la bellezza della gonna fatta con il Panama dell’omonimo cappello ricamata da un gigantesco filet e l’uso di materiali sperimentali: conchiglie pressate e tinte sul tessuto al posto dei ricami, il voile di poliestere che pesa 5 grammi al metro e costa 5 volte più della seta.
Anche Lella Curiel fa un modello tricolore che non ha niente da spartire con gli altri 50 capi in passerella stasera. «L’ho fatto perché vorrei esporlo alla mostra che verrà allestita al Viminale sull’unità d’Italia» dice la stilista dando gli ultimi tocchi a uno spettacolare abito da sposa con rose, pansè e ortensie dipinte a mano sulle canne di raso. Magnifico l’abito da sera in chiffon rosa ispirato dalle opere di Alma Tadema e adorabile il soprabito-giardino con mille fiori tratteggiati a mano sul lino. Insomma una collezione soave, leggera e femminile: «L’opposto di quel che leggiamo sui giornali» sostiene la Curiel. In ogni caso il più raffinato omaggio all’Italia arriva da Capri e finirà al Quirinale. Infatti Chantecler ha realizzato mille esemplari della campanella portafortuna dell’isola in corallo e agata: bianco, rosso e verde.

Oltre al ciondolo patriottico, la maison di alta gioielleria ha presentato autentici capolavori made in Italy: dall’anello di fidanzamento con due solitari flat uno sopra l’altro alla collana senza incastonature perché i diamanti sono tenuti insieme da microforature al laser. Pazzesca la perla blister da 380 carati e la spirale elastica di brillanti, zaffiri o rubini da avvolgere come si vuole su dita e polsi.

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