«Gli italiani in Georgia stanno tutti bene». La rassicurante notizia arriva dalla nostra ambasciata a Tbilisi che, di concerto con lUnità di crisi della Farnesina, sta tenendo sotto controllo la situazione dei circa 200 connazionali che si trovano ancora nello Stato caucasico.
Quasi tutti sono lì per lavoro - i turisti sono già per la maggior parte rientrati -, gli italiani sono quasi tutti nella capitale Tbilisi e a Batumi, nelle zone costiere e lambasciata sta continuando a contattarli a uno a uno. E per ora, nonostante la paura, stando ad alcune testimonianze, non sono in pericolo. «La guerra qui non è ancora arrivata - ha raccontato larchitetto Giulio Pighin, italiano che vive a Tbilisi con altri otto lavoratori italiani della Permasteelisa, grande impresa di costruzioni veneta -. I negozi ieri erano aperti e venerdì il presidente Mikhail Saakashvili ha tenuto una conferenza stampa allaperto, in una piazza del centro. Vorrei smentire che la città si trovi sotto assedio: per ora nessun bombardamento, né sugli edifici civili né su quelli militari».
Daltra parte, anche le forze armate russe hanno smentito di aver bombardato abitazioni civili in Georgia. Il numero due dello stato maggiore, Anatoli Nogovitsen, ha precisato che «non facciamo la guerra contro pacifiche città e contro la popolazione civile». Per i 120 italiani che lavorano nella capitale georgiana, dunque, per ora è tutto a posto.
«Ovviamente continuiamo a ricevere telefonate preoccupatissime da casa - ha continuato Pighin -. Ma per ora la situazione è relativamente tranquilla. Certo, abbiamo molta paura, ma il conflitto resta distante». Anche se i 250 chilometri che separano Tbilisi dal teatro delle operazioni non sono molti, sembrano abbastanza per tranquillizzare i nostri concittadini che si trovano là.
In ogni caso, lambasciata italiana sta seguendo levolversi della crisi assieme alle altre legazioni dei Paesi dellUe per individuare, dopo la chiusura totale dellaeroporto internazionale che collega la Georgia al resto del mondo, percorsi alternativi via terra per leventuale rimpatrio di quanti ne facessero richiesta.
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