L’analisi/Smentito il gracchiare dei soliti corvi

Il premier Silvo Berlusconi e il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, hanno dichiarato che l’economia è in ripresa e che non è in vista una nuova recessione. Queste dichiarazioni e gli ultimi dati smentiscono i corvi del Financial Times che, ancora nel fine settimana, avevano sostenuto che la ripresa nella prima parte dell’anno dell’economia mondiale è effimera e che ciò, in Europa, è aggravato dalle misure fiscali restrittive. Gli stessi dati a cui il Financial Times fa riferimento smentiscono tale tesi. Innanzitutto non è vero che in maggio, nell’Eurozona, è aumentata la disoccupazione. Infatti, essa è rimasta in maggio al 10 per cento, come nel mese precedente, con una diminuzione dello 0,1% rispetto al marzo. È un decremento piccolo, ma sufficiente per dire che la maggior percentuale di disoccupati non c’è. L’affermazione del Financial Times si basa sul fatto che in maggio, nell’Eurozona, ci sono 35mila disoccupati in più che il mese prima. Ma la forza lavoro dell’Eurozona è di 158 milioni e i disoccupati sono 15,8 milioni. E 35mila disoccupati in più sono meno di un quarto di 0,1, ossia un dato insignificante che fa parte degli errori statistici.
Va poi notato che sulla disoccupazione dell’Eurozona pesa la crescita di quella della Spagna che, in maggio, è arrivata al 19,9% a causa della grave crisi in cui essa si trova per avere cercato di curare i problemi congiunturali con un deficit di bilancio del 10%, che invece di ridurli li ha aggravati. In Germania, che ha una politica di bilancio rigorosa, invece, come rileva il Ft, la disoccupazione è ora al 7%. È vero che questa disoccupazione minore della media dipende anche dal fatto che in Germania, come in Italia, si sono attuate misure di cassa integrazione. Ma come il quotidiano britannico ammette, l’industria dell’Eurozona tira in quanto le esportazioni sono spinte dal cambio favorevole dell’euro. E le industrie tedesche, assieme a quelle italiane, sono quelle che più sono in espansione, a causa del traino dell’export, che si avvantaggia della ripresa dell’economia mondiale. Il Financial Times dice che in Cina la crescita è stata rallentata. Ma si tratta di un effetto voluto dal governo, che ha adottato misure restrittive per evitare un boom eccessivo. Il quotidiano britannico, così, per dimostrare a tutti i costi che la recessione incombe, fa la strana affermazione che in ogni caso l’economia mondiale non può essere trainata dalla Cina che è «ancora povera». Ma accanto alla Cina (non più povera come una volta) cresce anche l’India. Insieme, fanno 2 miliardi di persone. E in Sudamerica è in crescita il Brasile: altri 200 milioni di individui. Da ciò la rassicurazione di Trichet, secondo cui il rischio di una recessione mondiale è da escludere. Il Financial Times cita il capo della Confederazione europea del lavoro, John Monks, secondo cui c’è il rischio che l’enfasi sulle misure di austerità strangoli la ripresa. Ma poi ammette che nell’Eurozona le riduzioni di deficit di bilancio attuate dai Paesi che hanno problemi di debito eccessivo, sono dello 0,7 annuo, il che non rappresenta una grossa cifra. E va osservato che le banche europee, come scrive il Ft, possono avere un punto debole nel possesso di debito pubblico di altri Stati dell’Eurozona. Le misure di rigore attuate dai governi per mettere in sicurezza i debiti pubblici fanno sì che le banche, le famiglie e le imprese che posseggono quote di tali titoli, vedano diminuito il loro rischio di perdite patrimoniali. Ciò rafforza il sistema del credito e del risparmio, e consente loro di poter rispondere meglio alle richieste di finanziamento dell’economia. Dunque, le manovre di finanza pubblica in atto non hanno un impatto economico negativo, ma positivo, perché aumentano le risorse finanziarie a disposizione dell’economia. Ciò non significa che si tratti di misure indolori e tutte pienamente giustificate. Di certo occorrono correttivi, però ben calibrati ed effettivi.

Non rimedi illusori e peggiori del male, come i tagli delle tredicesime, per consentire futuri aumenti di stipendi. Ma tutto ciò sarà più facile e il rilancio sarà più robusto se si eviterà il gracchiare dei corvi. Che, come si vede dai dati di fatto, non è appunto giustificato.

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