«L’apertura ad Hamas? È un pericolo mortale»

«L’ex presidente Ue si contraddice: quella è un’organizzazione terroristica che non ha mai risolto le sue ambiguità»

Luca Telese

da Roma

La prima cosa che ti comunica è il suo sconcerto: «Sono stupita: quella di Prodi mi pare una posizione tremendamente spericolata». Fiamma Nirenstein, scrittrice, editorialista de La Stampa, esperta di questioni mediorientali, è basita per l’intervista ad Al Jazeera con cui il leader dell’Unione ha concesso una importante apertura di credito al partito che oggi esprime il governo palestinese. La Nirenstein, lancia un appello a tenere alta la guardia contro un’organizzazione che, a suo avviso, non ha ancora sciolto le ambiguità delle sue posizioni sulla questione islamica e sulla guerriglia suicida.
Perché è così preoccupata per le parole di Prodi?
«Il problema del rapporto con Hamas non è un dettaglio astruso di politica estera, ma il cuore del dilemma mediorientale, il nodo nell’equilibrio precario fra mondo islamico e occidentale».
A sinistra, oltre a Prodi, sono molti che dicono: proviamo a dare fiducia ad Hamas...
«Ma sono consapevoli che quella di Hamas è una posizione piena di spine, irta di ambiguità irrisolte e pericoli mortali? Chi lo sostiene non può ignorarlo».
Ci sono state aperture e segnali, fra gli uomini dell’attuale governo palestinese?
«Ad essere brutalmente sintetici, la risposta e no: nessuna vera apertura, solo qualche show, fumo negli occhi».
Quei gesti non sono il frutto di un dibattito dentro Hamas?
«No, e infatti prima di considerarli tali bisognerebbe valutarli. Il primo è la dichiarazione del premier, Ismail Haniyeh a cui è stata attribuita la frase: “Non manderei mai mio figlio a fare il kamikaze”».
Non la giudica netta?
«Questa frase è stata smentita dall’interessato la mattina dopo. Non vengono smentiti, invece, i continui pronunciamenti, suoi e dei suoi ministri, sempre favorevoli alla lotta armata».
Abu Mazen era stato chiaro.
«Certo. Hamas ha tenuto a far sapere che non avrebbe fatto nulla contro il terrorismo».
Un’altra apertura è attribuita al ministro degli Esteri...
«E qui l’ambiguità e la ritrattazione sono state ancora più forti. Mahmoud Zahar aveva detto che “I palestinesi hanno l’aspirazione a vivere in pace con i loro vicini”. E poi un’altra frase: “Sottoporremo a referendum l’idea di discutere la soluzione di due popoli e due stati”. Bene, benissimo, tutti gli osservatori dicono: è un riconoscimento implicito di Israele».
E invece no?
«È stato lo stesso ministro a precisare che i vicini erano altri, e che non ha mai parlato di due popoli o due stati».
Lei crede che quell’apertura di credito sia prematura?
«Certo. Solo Putin e Ahmadinejad hanno accolto Hamas».
Prodi è stato presidente dell’Ue, chi lo consiglia?
«Non lo so: ma credo che stavolta contraddica se stesso e la sua impostazione europeista. Hamas - è necessario ricordarlo? - è stata inserita, su proposta del ministro Frattini, fra le organizzazioni terroristiche».
E non è stato un atto ideologico, quello, secondo lei?
«Affatto: ricordo che Hamas continua a non accogliere le tre condizioni che gli sono state poste dalla comunità internazionale: 1) l’accettazione del diritto ad esistere di Israele. 2) Rinuncia alla lotta armata. 3) Rispetto dei trattati internazionali firmati da altri governi».
Lei collega Hamas alla questione mediorientale.
«Certo. Hamas non è la Palestina, è una organizzazione islamica che porta la questione palestinese dentro la battaglia islamista. E questo nel momento in cui Hezbollah rialza la testa in Libano e l’Iran rafforza il suo programma nucleare».


Quindi?
«Ora che la pericolosità dell’Iran è il primo punto all’ordine del giorno, Europa e Italia saranno chiamate a prendere posizione. Allora bisogna invitare i palestinesi a rinsavire, non regalare aperture di credito a Hamas».

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