Andrea Indini
Ancora tre settimane per poter visitare Arte, religione e politica. Incontri ravvicinati dai cinque continenti nelle sale del Padiglione di arte contemporanea (Pac). Inaugurata ai primi di luglio, la mostra ha saputo catturare lattenzione della critica e del pubblico, registrando oltre 12mila presenze nei mesi di luglio e agosto, con punte di mille persone (come a Ferragosto) nellarco di una sola giornata.
Una mostra riunisce per la prima volta le tre principali espressioni delle culture e delle civiltà umane attraverso le opere di artisti provenienti dai cinque continenti. Dalle radici storiche cristiane, affidate alle opere di Joseph Beuys, Dan Flavin, Lucio Fontana, Yves Klein, Hermann Nitsch e Antoni Tàpies, alle culture più lontane: un miscuglio di intuizioni profonde, di sapere accumulato da millenni, di saggezza popolare, valori etici e credenze spirituali. «I termini politica e religione - spiega Jean-Hubert Martin, curatore della mostra - sono raramente associati nellambito dellarte contemporanea, essendo in ogni caso il fenomeno religioso escluso dalla discussione in virtù del dogma hegeliano su cui si fonda la modernità».
Nasce da questa idea unesposizione impegnativa e ambiziosa che, da un lato, consolida la tendenza del Pac a proporre al pubblico artisti emergenti (alcuni dei quali mai visti in Italia), dallaltro cerca di capire come il senso religioso, plurisecolare e incontrastato motore che muove ogni essere umano a cercare lInfinito, e la politica, espressione concretata della partecipazione attiva delluomo nella società, si stiano contendendo il fertile terreno dellarte. La mostra è stata pensata, proprio per questo, come un cammino politico e religioso: dallantropomorfismo afro-cubano di José Bedia al brasiliano Mestre Didi, leader spirituale della comunità Nagô; dal monaco buddista del gruppo Gutai, il giapponese Kazuo Shiraga, ai quattro esponenti dellancestrale arte aborigena australiana (Anatjari Tjakamarra, Old Walter e Ronnie Tjampitjinpa, Mick Namarari Tjapaltjarri). «Oggi non è più possibile applicare lo schema - continua Martin - secondo cui ogni espressione visiva emanante da unattività religiosa debba essere per forza relegata ai livelli dellarcaismo o delloscurantismo».
Mentre i musei darte moderna basano le loro scelte sul paradigma hegeliano del divorzio fra arte e religione, il Pac va contro-tendenza. Una mossa coraggiosa per resistere allassimilazione e allomogeneizzazione. «La vede nella virtù liberatrice della filosofia illuminista e in una progressione lineare della sua espansione - conclude Martin - si è rivelata unutopia: la rinascita di riti e delle loro manifestazioni materiali si verificano come difesa dagli effetti della mondializzazione.
Tutti gli artisti selezionati da Martin hanno portato al padiglione di via Palestro diversi lavori (alcuni dei quali molto spettacolari) che rimandano al problematico rapporto tra arte, religione e politica, vissuto da questi nuovi protagonisti dellarte contemporanea in modi diversi.
Lingresso alla mostra, al Pac (via Palestro 14) fino a domenica 18 settembre, costa 5,20 euro (ridotto: 2,60). Per avere tutte le informazioni, telefonare allo 02-7600.9085.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.