L’esercito di Sua Maestà lascia l’Ulster Dopo 38 anni finisce l’assedio militare

Stephen Restorick aveva 23 anni. Era in servizio a un check point di Bessbrook, contea di Armagh, quando un cecchino dei Provos (l’ala dura dell’Ira) lo centrò con un colpo di fucile calibro 50. Era il 1997. Restorick fu l’ultimo dei 763 militari dell’esercito britannico ucciso dal fuoco dei paramilitari repubblicani. Il suo assassino aveva quarant’anni quandò sparò per ammazzare: alle spalle aveva venticinque anni di lotta armata.
«Brits out» («fuori gli inglesi») era il motto cui si ispiravano gli indipendentisti armati nord-irlandesi e dalla mezzanotte di oggi i soldati della British Army, contro i quali i terroristi di quell’esercito fuorilegge che era l’Irish Republican Army si sono battuti per decenni, lasceranno davvero l’Irlanda del Nord. Dopo 38 anni di presenza nell’Ulster, di violenze e di scontri sanguinosi, l’operazione Banner, che al suo apice, nel 1972, vide il dispiegamento di 28mila militari inglesi a supporto della Royal Ulster Constabulary, si chiuderà alla mezzanotte di oggi. L’uscita di scena dei soldati inglesi non è tuttavia la vittoria dell’Ira e della lotta armata, né dell’esercito, che in un rapporto segreto - il cui contenuto è stato svelato solo di recente - definiva l’operazione «una delle pochissime condotte dalle forze di una nazione sviluppata contro forze irregolari e conclusasi con successo».
La fine della più lunga campagna militare della storia inglese è una conquista sofferta della diplomazia, il traguardo di una travagliata campagna per il dialogo tra unionisti protestanti e repubblicani cattolici, che Tony Blair ha chiuso con orgoglio alla vigilia della sua uscita di scena, lo scorso maggio, con la nascita dello storico governo unitario in cui lavorano assieme i nemici di una vita, Gerry Adams con il suo Sinn Fein, e Ian Paisley con il suo Dup (Democratic Unionist Party).
Prima la dichiarazione definitiva dell’abbandono delle armi da parte dell’Ira (era il luglio 2005), oggi la partenza dei soldati inglesi dall’Ulster, impiegati per la prima volta sul territorio nord-irlandese nel 1969: in mezzo il Good Friday Agreement, l’accordo siglato fra le parti nel 1998 e finalmente materializzatosi dopo anni di litigi e scontri politici.
Appeso alla parete dell’ufficio del colonnello Wayne Harber, vicecomandante della 39esima Brigata di fanteria, c’è un orologio digitale, che segna il tempo al contrario: smetterà di battere alla mezzanotte di oggi. Poi l’alto ufficiale partirà alla volta di Bagdad, la sua prossima missione. In Irlanda del Nord resteranno soltanto cinquemila uomini, un numero quasi identico a quello che venne dispiegato quando esplose la guerra civile alla vigilia degli anni Settanta. I soldati saranno sollevati da missioni specifiche e potranno essere reimpiegati anche fuori dal territorio britannico. «Tutti sono contenti che sia finita. Ho 27 anni di esperienza qui e credo che a perdere sia stata solo una parte: la gente dell’Irlanda del Nord», dice il colonnello.
In quattro decenni, sono stati oltre trecentomila i militari che si sono avvicendati nella «provincia», ben 102 quelli uccisi o morti in azione nell’anno più cruento dei Troubles, il 1972, l’anno del Bloody Sunday. Per loro e per gli altri militari che hanno perso la vita negli scontri con i secessionisti il prossimo aprile si svolgerà una commemorazione, ma nulla di retorico. Niente celebrazioni e niente fanfare nemmeno oggi, perché - spiegano gli ufficiali inglesi per anni impiegati nell’operazione - «si tratta di un momento di ricordo privato e niente di più». D’altra parte le vittime da ricordare sono ben più numerose: in tutto 3.500 morti, 309 fra civili e membri dei gruppi paramilitari uccisi dall’esercito.
D’ora in poi, insomma, il destino dell’Irlanda del Nord torna nelle mani della politica. Gli anni delle bombe e del terrore sono alle spalle. Solo un ricordo, come quello del colonnello David Ockleton: «Non dimenticherò mai quella ragazzina col pancione. Si fingeva incinta, ma nelle mutande nascondeva una bomba. Doveva piazzarla in aeroporto quando l’abbiamo scoperta». Un’esperienza che il colonnello Ockleton si porterà dietro nelle prossime missioni: «Quello che succede in Irak e Afghanistan non è molto diverso da quello con cui abbiamo avuto a che fare qui.

Le nostre tattiche, le tecniche e l’equipaggiamento sviluppati in Irlanda del Nord ci hanno reso i leader mondiali nelle operazioni contro gli ordigni esplosivi». Insomma, tutti pronti a rimettersi al lavoro fuori dall’Ulster.

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