L’EXPO? FACCIAMOLO IN ABRUZZO

L’Italia è un Paese che sembra avere una buona capacità di reazione solo nelle emergenze. Quando tutto sembra perso, arriva il colpo di genio. Allora quel tratto un po’ indolente della nostra amministrazione pubblica sembra destarsi. Ecco la modesta ricetta per risolvere la patetica questione dell’Expo di Milano: ci si deve a tutti i costi adoperare per renderla un’emergenza. Anzi di più: un’emergenza nazionale.
La vittoria di Milano per l’Expo del 2015 per ora si sta rivelando solamente un disastro. Sono passati 14 mesi dalla vittoria e ancora si bisticcia sui dettagli logistici. Prima per la scelta dei suoi amministratori, poi per i compensi degli stessi e oggi per la sede degli uffici dirigenziali. È come vincere alla lotteria e passare un anno a decidere chi della famiglia debba andare a ritirare il premio e con quale macchina: in taxi, in autobus?
In queste ore si sta pubblicamente discutendo se gli uffici dell’Expo debbano essere presi in affitto per più di un milione di euro dallo stesso ente che poi è chiamato a finanziare l’Expo. Primo paradosso nei paradossi. E poi, in subordine, si discute se accettare uffici in periferia altrettanto prestigiosi ma a costo zero. E questo è il secondo paradosso. Ma non perdiamo tempo. Chi amministra la cosa pubblica, più che un buon padre di famiglia, assomiglia ad una suocera inviperita. E andiamo al punto. Senza offesa. Ma regaliamo l’Expo agli abruzzesi. Modello G8. Ma con benefici decisamente maggiori per tutti. Piazziamo il nuovo amministratore delegato dell’Expo nella caserma dove alloggeranno i grandi della Terra. Non si potrà certo sentire sminuito a dormire nel letto di Obama. E poi invece di fare questa esposizione a Milano, piena di grandiosi edifici e grattacieli già progettati o in via di costruzione, pensiamola nella zona terremotata. Avremo tempo per ricostruire case, casette, centri sportivi, direzionali. Dalla grande e altisonante questione della sostenibilità ambientale pensata per l’Expo milanese, potremmo derubricare il tema alla sostenibilità edilizia.
La proposta avrebbe tanti altri effetti positivi. Concentrerebbe risorse pubbliche in un luogo che oggi, ma anche per i prossimi anni, ha molto bisogno di fondi. Risolveremmo il problema dell’attuale amministratore delegato dell’Expo che essendo parlamentare a Roma potrebbe comodamente fare la spola con L’Aquila invece che con Milano. Oltre a risolvere il delicato tema di uffici e letti, di cui si è già detto. E poi potremmo lasciare una bella cittadella tecnologica e antisismica agli abruzzesi. Mica tante storie.
Sarebbe inoltre un bel gesto di anticampanilismo: una vittoria internazionale per conto di terzi. Il sindaco di Milano ne potrebbe andare fiero. E i milanesi si libererebbero di quello che sta diventando un incubo, con la buona coscienza di aver fatto un favore ai fratelli abruzzesi. Infine avremmo risolto il problema dei problemi.

Saremmo riusciti a pasticciare a tal punto le cose che saremmo in piena emergenza. Protezione civile all’erta, Consigli dei ministri in loco, giornalisti prenotati per sei anni alla pensione Romeo. Avremmo così messo l’Expo in sicurezza, cioè in emergenza. Un po’ meno gli abruzzesi, per la verità.

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