L’infaticabile Maazel e il Beethoven integrale

Torna l' ultimo sciamano della musica. Uno dei grandi sulla scia dei Kleiber e dei Klemperer, di quelli che vantano vissuto, esperienza, tenacia, lunghi tirocini, background culturale e assoluta padronanza del repertorio, incluso quello frequentato dalla sacra mecca di Bayreuth (dice che al suo carnet mancano solo Wozzeck e Parsifal). Lorin Maazel, l’«americano a Parigi», ha aperto alle sue orchestre nuove frontiere (Cina, Malesia, Marocco...), ha festeggiato i 70 anni con un tour in veste di violinista (violino primo amore) e i 75 con la tournée della Filarmonica di New York e alcune sue composizioni. Ha ricordato il cinquantenario della scomparsa di Toscanini ripercorrendone la strada della lunga trasferta del '20 con la Scala e del '50 con la Nbc. Quell'anniversario, vissuto assieme all'ormai sua Symphonica Toscanini (era la «Filarmonica Toscanini»), fu suggellato lo scorso gennaio in Sant'Ambrogio con la struggente lettura del «Requiem» di Verdi. Maazel, del quale la Scala sta montando l'opera «1984», da Orwell (prima opera, scritta a 75 anni con debutto festoso e «giovane» a Londra) ora parrebbe orientato verso un lavoro leggero, con occhio al Met.
La sua eterna giovinezza che produce evento su evento ha alle spalle 150 orchestre, 5000 spettacoli, 100 e più a Salisburgo, 10 capodanni al Musikverein, il recente varo del nuovo polo teatrale di Valencia. Insomma dal giorno in cui Toscanini, lui undicenne, gli mise una mano sulla testa e disse «Dio ti benedeica», Dio non pare proprio essersene dimenticato. Benedicendo anche il suo privato con la grazia di sette figli e tre mogli.
Da martedì agli Arcimboldi la Symphonica Toscanini parrebbe avviare il progetto che la vuole in residence nella nostra città. Intanto Maazel propone l'integrale delle sinfonie beethoveniane e con ciò torna a una fatica già sostenuta a Londra, in un solo giorno e con tre differenti orchestre, e all'Auditorium di Roma. Quel Beethoven è il nocciolo attorno al quale si forma l'intera organizzazione concertistica mondiale. Perché il compositore è il primo a creare una forte interconnessione tra musica e sociale, arte e masse. Insomma, a coinvolgere in virtù di spartiti e partiture che sposano passioni e travagli del loro tempo. E se il Beethoven delle sonate per pianoforte è un artista che racconta un divenire personale, quello delle sinfonie coglie il divenire del mondo e dell'uomo fino all'eliminazione di ogni individualismo a favore di una nuova religione della solidarietà.
Ancora settecentesca la I, spiritualità e tumulti la II, planetaria la III, originariamente dedicata a Bonaparte e riconducibile all'archetipo di Prometeo, come indica il tema del finale che torna, sviluppandolo, allo steso tema del balletto omonimo. Distensione la IV, pathos la V, che apre sulle quattro note perentorie interpretate come il bussare del destino. Inno alla natura la VI, gioia la VII che parrebbe trovare una possibilità di comunicazione tra uomo e universo. Summa e monumento la IX, che forza la forma inglobando voci soliste e coro, abbraccia l’«Inno alla gioia» di Schiller e si fa inno alla religione della fratellanza universale.
E il Beethoven di Maazel? Certo nel solco della severa tradizione inaugurata da Toscanini.

E forse, con tempi serrati, propensione virtuosistica, sbalzo timbrico, valorizzazione delle sezioni. Ma che dire? Ascoltiamolo.
Symphonica Toscanini
Teatro degli Arcimboldi,
viale Innovazione 20
dal 4 all’8 marzo
tel.02-641142212

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