L’INTERVISTA 4 GIUSEPPE MENARDI

«Le passo l’ingegnere». E scatta James Brown, I Feel Good.
Senatore Menardi, la musica rispecchia l’umore?
«È scioccante vero? Forse dovrei cambiarla».
Ha letto il Secolo?
«No, sa quando salgo a Cuneo...».
Per questo sta bene. Giuliano Compagno scrive che da quelle parti non le portano rancore per la sua uscita dal Fli, del resto lei non è uno che muove masse...
«E chi è Compagno?».
Ricevuto.
«No, senta. Per fortuna il seguito per chi ha un minimo di storia politica si può misurare facilmente, basta guardare il risultato alle urne».
E lei come sta messo?
«Con 7mila preferenze nella mia provincia, che ho guadagnato solo contro tutti, perché il partito sosteneva un altro candidato all’epoca».
Epoca quale?
«Quella del “ciarpame” in lista, ha presente?».
Fini ha definito quelli che l’hanno abbandonato «piccoli uomini». Si sente un uomo piccolo?
«Sono alto 1,85... Ma per fortuna la statura di un uomo non la misurano i politici avvelenati».
E chi la misura?
«Per esempio gli elettori».
Le facevano pressioni.
«Mi hanno sostenuto in questi giorni. Decine di messaggi, dalla donna di servizio al professionista al prelato».
Anche il prelato ad applaudire il ritorno a casa.
«Fini ha allontanato il Fli dal suo ancoraggio alla destra».
Meglio La Russa di Bocchino.
«Non è questione di persone, ma di progetti. Il Fli si è ridotto a un antiberlusconismo con la bava alla bocca che legittima tutto, persino una grande alleanza con la sinistra. Io non ci sto».
Uscendo dal Fli però, l’onorevole Roberto Rosso ha detto: me ne vado perché il Fli va a destra.
«Ma va? E in base a cosa? L’ipotesi della santa alleanza fino a Vendola è reale!».
Viene il dubbio che ve ne andiate perché, come ha detto Fini, Berlusconi usa il suo «potere finanziario».
«Un’ingiuria. E perché avremmo seguito lui? Per solidarietà con un poverello?».
Certo che peccato. Per uno che si fa comprare ce n’è un altro costretto a dimostrare la sua onestà.
«La mia vita testimonia per me. Ero assessore ai lavori pubblici mentre cadeva la prima repubblica, si figuri».
Ultimo sindaco Dc di Cuneo.
«Quando mi dissero che per restare in sella mi sarei dovuto alleare col Pds, tornai a fare l’ingegnere. Poi nel 2001 mi candidai al Senato con An».
Un suo compagno di banco Pdl dice che lei lamentava: «Ma come faccio a presentare questi nuovi parenti a casa?».
«Ah ah, era una battuta, ma è vero. Vede, io sono orgoglioso di essere stato democristiano. Ma sono un cattolico liberale, già all’epoca la Dc di sinistra non mi apparteneva».
Non se la sente di imparentarsi con Rutelli, per dire.
«Non posso mortificare la mia storia personale a 57 anni, proprio sul finale».
Eh vabbè, finale...
«Allora guardiamo che cosa c’è in prospettiva».
E che cosa c’è?
«Ammesso e non concesso che Fli possa ripetere l’esperienza dell’Udc, che sopravvive fuori dai poli, resterà a guardare, a fare l’anima critica di chi vince».
Fini è convinto che, quando Berlusconi non ci sarà più, sarà lui a fare il polo di centrodestra.
«Se non ci sarà più Berlusconi ma ci sarà il Pdl, il Fli dovrà allearsi col Pdl oppure col centrosinistra. E allora vede, l’obiettivo di restare lì oggi è solo l’antiberlusconismo».
Eh, ma perché c’è l’emergenza democratica!
«Un’altra favola. Sei mesi fa, quando Fini diceva di voler fare la terza gamba della maggioranza, Berlusconi non era un’emergenza democratica. Ora lo è. Suvvia...».
Lei torna in maggioranza con un gruppo nuovo.
«Sarà un gruppo di affiancamento al Pdl».
Il Pdl vi presta una ventina di senatori.
«Ne bastano anche meno.

Se invece non ce la facciamo torniamo dentro, ma col progetto di quando siamo usciti: più dialogo interno, maggiore coinvolgimento della base, rivendicazione di alcune scelte di politica economica...».
Insomma una corrente.
«Non una corrente, diciamo più un gruppo propositivo».
I Propositivi.
«Chiamiamolo: Per l’Italia».

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