L’INTERVISTA 4 LUIGI GRILLO (PDL)

Tutta colpa di Bono, dunque. Altro che «nomen omen»! È lui il «cattivo», l’amministratore delegato di Fincantieri, che vuole chiudere gli stabilimenti e licenziare migliaia di dipendenti. La pensa così anche lei, senatore Grillo?
«Niente affatto. E lo dico da tempo, forte e chiaro. Giuseppe Bono, che io ho avuto modo di conoscere una ventina d’anni fa, è un manager capace e preparato, un’autentica risorsa per l’azienda in cui opera e per il Paese».
Allora come la mettiamo con le critiche che gli sono state rivolte, praticamente all’unanimità?
«È il destino che spetta a chi ha il coraggio di dire le cose come stanno. Anzi, di averle dette da anni».
Si riferisce alla crisi della cantieristica?
«La crisi è strutturale. Oggi la scoprono tutti, ma Bono sono anni che avverte di quello cui saremmo andati incontro in Italia. Basta ricordare qualche cifra».
Ricordiamola.
«Innanzi tutto, dobbiamo tener conto che trent’anni fa in Europa si costruiva il 30 per cento delle navi del mondo, oggi il 5 per cento. Allora in Italia c’erano 8 cantieri, oggi ci sono sempre gli stessi 8 cantieri. E si vogliono tenere tutti, come se la produzione fosse ai livelli di prima».
In più, ci si è messa di mezzo la globalizzazione, e poi anche la crisi economica planetaria...
«Appunto. Questi fattori comportano problemi che devono essere risolti fornendo risposte serie, non proponendo scorciatoie».
In concreto?
«Bisogna puntare sulla competitività, per stare sul mercato. Nell’economia globalizzata, la difesa dell’occupazione passa per la capacità di produrre. Difendere l’esistente a oltranza è sbagliato».
Intanto a patire sono i lavoratori.
«Me ne rendo conto. Ma non è con lo sciopero, la violenza verbale, le urla, gli applausi a chi offre soluzioni improbabili, né tanto meno con la sfiducia nei confronti del management che si danno risposte positive in termini di mantenimento dei posti di lavoro».
Il governo può fare qualcosa?
«Il governo ha già fatto, e farà ancora tanto. Molto di più, comunque, di tutti gli altri governi di centrosinistra, per tutelare i lavoratori, per non lasciare indietro gli ultimi».
È il compito della politica.
«Cioè quello di trovare soluzioni politiche. Scongiurando il rischio del ritorno alla logica delle partecipazioni statali, quando lo Stato copriva tutti i debiti delle aziende pubbliche».
Lei, senatore Grillo, quei tempi li conosce bene.
«... e ne conosco pure le conseguenze sull’Italia di oggi. Ecco perché valuto nella giusta luce persone, manager come Bono. Lui è stato un ottimo amministratore delegato di Finmeccanica, un ottimo dirigente dell’Efim quando si trattava di gestire la liquidazione. Io, quando l’ho conosciuto, avevo responsabilità di governo e mi sono reso conto di che pasta era fatto».
Vuol dire che sconta colpe non sue?
«Voglio dire che è ingiusto accusarlo se si è verificato un crollo delle commesse, a livello internazionale. Ed è ingiusto accusarlo se la bozza di piano industriale, che prevede la riorganizzazione della Fincantieri, è uscita sotto forma di indiscrezioni e, su questo, si è scatenata la rissa».
Dicono che l’obiettivo è cancellare la cantieristica.
«Nessuno la vuole liquidare. Ma insisto: dobbiamo renderla più competitiva. Perché colpire Bono?».
Magari per mettere qualcun altro al suo posto.
«Non voglio crederci. Sono sorpreso e meravigliato. Che c’entra questo con la ripresa produttiva e la difesa dell’occupazione?».
Ci vogliono nuove navi da costruire.


«Appunto. Diamoci da fare tutti, con i piedi per terra, per portare nuove commesse. I margini sono stretti, e si assottigliano sempre di più. Meglio tenerci stretto chi ci sa fare, e lasciare fuori della porta la demagogia».

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