L’inutile sacrificio di Consorte neo «compagno G»

Arturo Diaconale

Giovanni Consorte è stato «gregantizzato». Cioè è stato sacrificato in nome e per conto dei superiori interessi del partito degli ex comunisti che oggi si chiama dei Democratici di sinistra.
Né più, né meno di come capitò a Primo Greganti, l’uomo delle tangenti del Pds ai tempi di Mani pulite, che prese su di sé tutte le colpe delle operazioni oscure fatte per finanziare il partito, allora guidato da Achille Occhetto, bloccando e vanificando in questo modo tutte le indagini giudiziarie avviate dalle Procure italiane.
Con il suo sacrificio Greganti evitò al Pci di finire nel tritacarne di Tangentopoli. E, anzi, consentì al partito di indossare le vesti del grande moralista e di mettere alla gogna l’intera classe dirigente democratica della Prima Repubblica colpevole delle sue stesse colpe. Nessun dirigente diessino, ovviamente, ha mai osato dare un pubblico riconoscimento a Greganti per questo suo comportamento da militante fedele al partito fino all’estremo. Ma ciò che non hanno compiuto i dirigenti ha fatto nel chiuso della propria coscienza l’intero popolo della sinistra che lo considera una sorta di martire della causa. Uno di quelli che segnano la diversità e la superiorità storica dei comunisti e dei post-comunisti rispetto al resto della sinistra italiana.
È in questa luce che si può parlare di «gregantizzazione» di Consorte. Il presidente dell’Unipol esce di scena non tanto per salvare il proprio partito di riferimento, cioè i Ds, dal tritacarne mediatico-giudiziario di Bancopoli. Quanto per consentire ad Unipol di non abbandonare la partita della scalata a Bnl ma di giocare almeno un’ultima carta per la conquista della Banca attualmente guidata dall'ex Presidente della Confindustria Luigi Abete.
Consorte, in altri termini, si sacrifica. Ma non per salvare l’onore delle coop, come scrivono con ipocrisia i commentatori dei giornali dei «poteri forti». Ma in nome di una visione molto più alta. Che è la stessa di Primo Greganti e che, guarda caso, è identica a quella che oggi viene rimproverata a Massimo D’Alema. Cioè la visione secondo cui i Democratici di sinistra, se vogliono sopravvivere nell’attuale quadro politico caratterizzato dalla presenza predominante di grandi gruppi economici-finanziari e dei loro terminali partitici e mediatici, devono ad ogni costo rafforzare ed ampliare la propria presenza nel mondo dell’economia e della finanza.
Consorte, dunque, non si sacrifica per ricostruire la verginità perduta dell’Unipol ma per consentire alla «finanza rossa» di completare l’azione di conquista della Bnl, mettendo così in condizione i Ds di avere due banche nazionali di riferimento (Monte dei Paschi di Siena e la stessa Bnl) e di competere ad armi pari con Romano Prodi, Francesco Rutelli, l’intera Margherita ed i «poteri forti» collocati alle loro spalle (Unicredito, Banca Intesa, la maggioranza confindustriale di Luca di Montezemolo).
Il “martirio” di Greganti ebbe successo. Quello di Consorte avrà lo stesso risultato? Consentirà all’Unipol di acquistare la Bnl ed a D’Alema di rafforzare la presenza diretta della «finanza rossa» nel mondo economico e politico italiano?
Nutrire dubbi in proposito è più che legittimo.

Chi ha fatto secco Antonio Fazio per impedirgli di aiutare l’Unipol a prendere Bnl, non si lascerà di certo commuovere dalla «gregantizzazione» di Consorte. Nella lotta per bande, che è quella in atto nel centrosinistra, pietà l’è morta.

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