L’ira di Mastella: perché il pm graziò Di Pietro?

L’ex guardasigilli: anche Tonino ebbe rapporti con il maggior indagato di «Why not», ma sfuggì all’inchiesta

da Roma
Sarà che ormai ha molto tempo libero e può sfogliare tutti i giornali, ma ieri gli è capitato tra le mani Tempi, settimanale vicino a Cl, e s’è messo a leggere un articolo dal titolo accattivante, «Why not Tonino?». Al paragrafo col sottotitolo «Prodi e Mastella, ma non l’ex pm» gli è salita la pressione. Giunto a «La pastetta mediatico-giudiziaria» lo ha colto un misto di rabbia e sconforto. Così, terminata la lettura, ha acceso il computer e s’è sfogato nel suo blog: «E bravo Di Pietro... ».
Più che un lamento è un atto di accusa, quello di Clemente Mastella che ha scoperto come anche Antonio Di Pietro abbia intrattenuto rapporti con quell’Antonio Saladino protagonista di Why not senza essere minimamente sfiorato dall’inchiesta giudiziaria di Luigi De Magistris.
Una bufera fatta di aria e di vento, che però ha travolto Mastella rovinosamente prima di venir scagionato del tutto quand’era ormai troppo tardi. Anche Tempi, che ha scoperto nell’agenda di Saladino alcuni appuntamenti tra l’imprenditore calabrese al centro dell’indagine e l’ex ministro delle Infrastrutture - niente di illecito, ci mancherebbe: come del resto è risultato poi per le telefonate di Mastella - si domanda come mai l’ex Guardasigilli finì massacrato e nessun cronista del ramo «s’accorse» invece di quegli appuntamenti. Dunque Mastella sfida ora Di Pietro a smentire Tempi oppure a dimettersi «da quel ruolo di finto moralizzatore con il quale, soffiando spregiudicatamente sul fuoco del populismo e del facile qualunquismo, cerca di tirare acqua al suo mulino». Fa di più, il Cincinnato di Ceppaloni: rilancia gli interrogativi sul grande accusatore di Mani pulite. Sino all’ultimo e più fresco: per quali motivi è stato «graziato» dal Pd che «gli ha permesso di superare la tagliola della legge elettorale».
Così, la guerra fra Di Pietro e Mastella riprende con forza e durezza, pur se ambedue sono ormai fuori dalla stanza dei bottoni. Erano i duellanti più focosi e famosi del passato governo, uno alla Giustizia l’altro alle Infrastrutture ma voglioso del posto dell’altro. Hanno surriscaldato la pur breve e trascorsa legislatura, ed era impensabile che tornasse la pace. Mastella comunque è spietato, scoprendo che «l’ex poliziotto di ferro, l’ex pm di Mani pulite» e vai con tutti gli «ex» collezionati da Di Pietro, «quello per intenderci che con Grillo manifestava sulle piazze contro tutto e contro tutti solidarizzando con il pm di Why not ha più volte ricercato contatti con quel Saladino per il quale, senza alcuna responsabilità come hanno sentenziato i giudici, io sono finito invece nel tritatutto mediatico, giudiziario e politico, di cui il buon Di Pietro è stato grande megafono».
Sull’«integerrimo fustigatore», Mastella rilancia quegli interrogativi che non hanno ancora avuto «risposte esaurienti», dal ’94 ad oggi: «Perché, dopo aver assestato un duro colpo a Tangentopoli si è dimesso? Perché e con quali finalità è entrato in politica? Quali sono i motivi che lo hanno portato, unico partito fra quelli del centrosinistra, a essere graziato dal Pd che, consentendogli l’apparentamento, gli ha permesso di superare la tagliola della legge elettorale?»
Pur senza rispondere a tali interrogativi, Di Pietro in serata ha reagito: «Non mischiamo il grano con loglio. Non so chi sia questo Antonio Saladino, non ricordo il suo nome e nemmeno il suo volto.

Non so se io abbia avvicinato questa persona tra le migliaia e migliaia d’incontri in occasione delle elezioni nel 2001, nel 2006 o nel 2008, una di quelle che avvicinano me o qualcuno del mio staff durante le manifestazioni, nella speranza di ottenere una candidatura: cosa ben diversa dal fare il padrino di nozze o dividere interessi e affari. La campagna elettorale è finita e non c’è più ragione di gettare fango, né cercare di rifarsi una verginità alle spalle di altri».

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