L’Italia premia chi «okkupa» La Svizzera punisce i blocchi

Cento: depenalizziamo i picchetti. Prigione per 4 sindacalisti elvetici

Francesco Cramer

da Milano

Così vicini così diversi. Mentre l’Italia prodiana vuole premiare chi occupa scuole e università, la Svizzera castiga i sindacalisti che per protesta ostacolano il traffico.
Il governo dell’Unione si era appena insediato e il sottosegretario all’Economia Paolo Cento depositava alla Camera la sua proposta di legge. Un solo articolo ma dirompente: depenalizzare il reato di «interruzione di pubblico servizio» nel caso di «occupazione di edifici scolastici o universitari da parte degli studenti». Oggi il reato prevede fino a un anno di reclusione; domani, qualora la proposta che ora giace in commissione Giustizia della Camera diventasse legge, ci sarebbe il via libera a picchetti e «okkupazioni» senza limiti. Salvo uno: quello che gli studenti non fracassino le aule. Ovvero: le rivolte in collegi e atenei siano benvenute a patto che non si rompa nulla. Il verde Cento ha motivato il suo progetto: «È la conseguenza del lavoro effettuato da un ampio gruppo di studenti delle scuole superiori, che in questi ultimi anni hanno subìto l’avvio di molteplici procedimenti penali, che hanno determinato non pochi problemi per le famiglie dei destinatari degli avvisi di garanzia». Insomma, in Italia si vuole togliere ogni rilevanza penale a forme radicali di protesta mentre oltre confine mettere sottosopra la quieta e ordinata Svizzera, anche per motivi sindacali, può costar caro. Lo sanno bene Vasco Pedrina, copresidente ora dimissionario del sindacato Unia, e altri tre sindacalisti condannati a due settimane di prigione e a 550 franchi (340 euro) di multa per aver bloccato un tratto di autostrada elvetica.
Era il 2002, mese di novembre. Pedrina, intransigente rappresentante dei lavoratori, guidava il Sindacato edilizia e industria (Sei). I nostri vicini confederati, così poco abituati a ciò che per noi è quotidiano, se lo ricordano ancora quel periodo. Sul tavolo delle trattative, la spinosa questione del pensionamento a 60 anni per i lavoratori dell’edilizia. I sindacati decidono di scendere in piazza. O meglio, in autostrada. Circa 2.000 lavoratori bloccano il traffico all’entrata e all’uscita del tunnel nei pressi di Baden, canton Argovia. Per un’ora e mezzo l’autostrada A1 è sbarrata: chilometri di coda, le proteste dei viaggiatori. «Per una protesta si limita il diritto di movimento di tutti i cittadini? Ma siamo matti?» Interviene la polizia che denuncia 51 persone. Poi, tutto si quieta e la giustizia fa il suo corso.
La settimana scorsa la sentenza del tribunale di Baden: «Il perturbamento del traffico ha superato i limiti del diritto di sciopero». E via con le condanne: per quattro sindacalisti arrivano 14 giorni di prigione con la condizionale, in aggiunta a sanzioni fra i 300 e i 550 franchi.

Certo, il diritto di sciopero è garantito dalla Costituzione, ma il codice penale parla chiaro quando, all’articolo 181, recita che «Chiunque, usando violenza o minaccia di grave danno contro una persona, o intralciando in altro modo la libertà d’agire di lei, la costringe a fare, omettere o tollerare un atto, è punito con la detenzione o con la multa». Proprio un altro mondo.

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