L’Ocse: «L’Italia non riparte Serve una nuova manovra»

RomaLa recessione italiana potrebbe diventare biennale, più profonda e lunga del previsto, e rischia di avere un’appendice assai sgradevole: una nuova correzione dei conti pubblici per centrare gli obiettivi di bilancio, in particolare il pareggio per il 2013. Secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), il prodotto interno lordo potrebbe quest’anno far segnare un calo dell’1,7%, e dello 0,4% nel 2013. Numeri troppo bassi, molto più bassi rispetto alle previsioni del governo e della stessa Commissione europea, per poter generare un’adeguato flusso di entrate fiscali. «Il declino dell’economia italiana - spiega il capo economista Pier Carlo Padoan - proseguirà per buona parte del 2013, mentre la ripresa potrebbe partire verso la fine dell’anno».
L’Ocse concede il raggiungimento del pareggio, ma solo nel 2014. Ecco perchè gli economisti di Chateau de la Muette non escludono una nuova manovra fiscale, anche se riconoscono l’esistenza di «misure di sicurezza», una sorta di salvagente rappresentato dalle entrate della lotta all’evasione, che il governo ha ritenuto prudente non quantificare. La manovra potrebbe essere anche «minima», limitata alla componente strutturale del disavanzo, anche se il governo per il momento non ne vede la necessità. «Coi provvedimenti già presi siamo sulla strada di un leggero avanzo strutturale nel 2013, e siamo uno dei primi Paesi d’Europa a raggiungere questo risultato», assicura il premier Mario Monti. Bisogna ricordare, tuttavia, che il decreto «salva Italia» prevede un aumento dell’Iva di due punti in ottobre qualora l’andamento dei conti pubblici non fosse sufficiente ad assicurare il pareggio di bilancio. E non mancano rischi, sottolineati dal rapporto, di contagio da parte di altri Paesi deboli dell’Eurozona, sotto forma di interessi più elevati sul debito pubblico.
Nell’Economic Outlook reso noto ieri a Parigi, l’Ocse dà atto al governo di avere intrapreso la strada delle riforme strutturali, che però devono andare avanti. É necessario ridurre i tempi fra l’approvazione delle leggi e la loro attuazione, che in Italia è molto più ampio che negli altri Paesi. Ad esempio, va approvata rapidamente la riforma del lavoro, che «migliorerebbe, in maniera significativa, il funzionamento del mercato dell’occupazione». Alla fine di quest’anno i disoccupati saliranno al 9,4%, un punto percentuale in più rispetto all’8,4% di fine 2011. Nel 2013 il tasso di disoccupazione potrebbe aumentare ancora, fino a sfiorare il 10% (9,9%). Per contenere il numero dei disoccupati, l’Ocse suggerisce un drastico calo del costo del lavoro: «Riduzioni degli stipendi reali per renderli più conformi alla produttività - si legge nell’Outlook - potrebbero dare una spinta alla competitività e ridurre la disoccupazione». Non che si vogliano abbassare i salari, già molto striminziti. Bisogna trovar spazio - spiega il capo economista Padoan - di ridurre il cuneo fiscale. «I salari che arrivano nelle tasche dei lavoratori non sono alti, ma è elevato il costo del lavoro per le imprese». Il costo del lavoro per unità di prodotto salirà quest’anno del 3%, e dell’1,6% nel 2013. La brutta performance dell’economia italiana si colloca in un quadro europeo in peggioramento. L’Eurozona, con un calo del pil dello 0,1% nel 2012, rappresenta per l’Ocse «la più importante fonte di rischio per l’economia globale». La situazione è tutt’altro che allegra. Recessione profonda e disoccupazione alle stelle in Spagna. Una Grecia che, al di là del calo del pil superiore al 5%, rischia di provocare «conseguenze incalcolabili» se sarà insolvente. E persino la locomotiva tedesca tirerà il freno, scendendo dal +3,1% del 2011 all’1,25 di quest’anno, per poi ripartire nel 2013. Come uscire dalla palude? L’Ocse chiede alla Bce di ridurre ancora i tassi.

E invita l’Ue a lanciare gli Eurobond. Per il momento, Bruxelles ha dato il via libera allo sblocco di 230 milioni di euro da utilizzare per il lancio di project bond che, attraendo capitale privato, possono mobilitare fino a 4,6 miliardi di investimenti.

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