L’ultima minaccia di Santoro: forse resto

Telefonata furibonda al dg Masi dopo il programma di Paragone che ha osato criticarlo: "Mando tutto all’aria". Ma è un trucco per alzare il prezzo e accattivarsi il pubblico. I fan: "Comunque vada incassa sempre". Blog/San Michele (martire...?)

L’ultima minaccia di Santoro: forse resto

Una telefonata di fuoco, Santoro da una parte, il direttore generale Rai dall'altra. Un semplice scatto d'ira del conduttore barricadiero, un crollo di nervi nel pieno del braccio di ferro con l’azienda (e con l’opinione pubblica, fan compresi, che ormai sembra averlo scaricato)? Parrebbe di no, anzi parrebbe tutt'altro, un gesto calcolato nella delicata (e milionaria) partita a scacchi con la Rai per decidere i termini dell'eventuale separazione consensuale. Tutto, s'intende, a vantaggio del ribelle catodico. Notte di venerdì, è appena finito L'Ultima parola, il programma di Gianluigi Paragone su Raidue, la stessa rete di Santoro. Tema della puntata, proprio lui: Santoro.
L'inventore di Annozero è infuriato, non ha gradito affatto - lui maestro di processi tv - il processo a lui medesimo, per giunta su una rete della tv pubblica con cui sta trattando l’uscita a suon di milioni. Prende il telefono e compone il numero di Masi, dg Rai: «Se questo è il comportamento dell’azienda verso di me allora mando tutto all’aria e rifaccio Annozero», avrebbe tuonato Santoro al telefono con Masi. Difficile sapere il resto della sfuriata, più facile comprendere l’effetto desiderato della scenata. Lamentandosi col direttore generale, nella fase decisiva per la risoluzione del suo caso, Santoro vuole forzare evidentemente la mano e alzare la posta. Se «tutto va all’aria», Santoro rimane dov’è, togliendosi di dosso la puzza del «venduto», con poi una variabile inestimabile per la sua immagine: quella di addossare la responsabilità della sua uscita alla cattiva coscienza della tv pubblica, che lo maltratta e lo «mobbizza», e non invece a una scelta personale, peraltro economicamente invidiabile.
Per questo, raccontano gli esperti di cose Rai, ieri il dg Masi si è affrettato a comunicare, tramite una nota alle agenzie, il suo «sconcerto» per la puntata dell’Ultima parola, «come comunicato peraltro agli interessati». Come dire: i vertici Rai prendono le distanze da qualsiasi giudizio critico sulla questione Santoro, che vorrebbero piuttosto chiudere al più presto, anche a costo di fornire al giornalista uno «scivolo» di 2 milioni e mezzo di euro più un contratto di collaborazione per sette puntate di docufiction da 1 milione di euro l’una, così da sfiorare i 10 milioni di euro di incasso garantito per lui e la sua futura società di produzione tv.
Ma se la direzione generale Rai punta a mettere la firma sull’addio, Santoro non è altrettanto convinto di far calare il sipario sui suoi 30 anni in Rai. O almeno, non alle condizioni già stabilite. Andare o restare? Il dubbio è atroce, lo spazio per un dietrofront è sottile, ma c’è. Sulla strada del possibile ripensamento si registra anche il surreale rimpallo di responsabilità tra il conduttore e i consiglieri «amici» del Pd. «Dovete chiedermi voi di restare in Rai», dice lui. «No, sei tu che devi dire pubblicamente di voler rimanere in azienda», rispondono loro. Una commedia che ha un doppio fondo. Il nodo, a quanto pare, sta in una parolina del documento con cui le parti si sarebbero accordate informalmente: l'esclusiva.
Il progetto iniziale di Santoro (mediato da Lucio Presta, il manager delle star tv specializzato in contratti milionari, da Bonolis alla Perego alla Ventura) era di mettersi in proprio con una società di produzione televisiva libera di ripetere l'esperienza vincente di Raiperunanotte, l'edizione solo web del talk show santoriano. Invece, la bozza d'intesa con la Rai prevede un rapporto esclusivo della tv pubblica con l'autore di Annozero, quindi una situazione ben diversa dall'aspirazione di indipendenza (ma lautamente foraggiata dal servizio pubblico) di Santoro, di una tv tutta sua. Di qui i dubbi del giornalista, motivati anche dalla pessima impressione prodotta nel suo pubblico dalla contrattazione milionaria della sua uscita, e quindi il cambio di rotta rispetto al divorzio iniziale.
Come in ogni trattativa, le parti giocano al rialzo, in questo caso però chi aumenta la posta sul tavolo è solo Santoro.

Maestro di comunicazione tv, il giornalista sta abilmente costruendo le basi per un «rientro» (anzi, per una non uscita) che rafforzi l’immagine di martire e resistente. Finora ci è riuscito. Se riuscisse anche stavolta sarebbe veramente un «genio», come sostiene il suo amico Travaglio.

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