L’Unione tiene Genova per un soffio

Il presidente uscente Repetto arriva al 51,4%. La rimonta del centrodestra si ferma sul traguardo

L’Unione tiene Genova per un soffio

Genova - Genova resta rossa anche in Provincia: dopo la vittoria (risicata, al primo turno) della diessina Marta Vincenzi su Enrico Musso per la guida del Comune capoluogo della Liguria, la sinistra conserva anche, di misura, l’amministrazione provinciale con Alessandro Repetto (nella foto con Marta Vincenzi) che prevale al ballottaggio su Renata Oliveri, candidata della Casa delle libertà. Il divario sancito dallo scrutinio è minimo: 51,4 per cento contro 48,6, meno di undicimila voti di differenza. Ma tanto basta per consolidare la tradizione di Genova, roccaforte inespugnabile della sinistra. E la massiccia astensione - al secondo turno ha votato poco più del 47 per cento degli elettori, una miseria rispetto al già basso 60 per cento del 27 e 28 maggio scorsi - ha finito evidentemente per pesare di più a carico del candidato del centrodestra.
Sfuma così la prospettiva di vedere un esponente della Cdl, se non a Palazzo Tursi, sede del Comune, almeno al vertice della Provincia: le speranze in questo senso avevano ricevuto un deciso incoraggiamento sia dal risultato ottenuto da Renata Oliveri al primo turno - 46,3 per cento, contro il 49 di Repetto, presidente uscente - in grado di costringere a sorpresa l’avversario al ballottaggio, sia dall’onda lunga della protesta, anche a livello nazionale.
Ieri, invece, la maggioranza dei genovesi ha dimostrato che da queste parti lo «zoccolo duro» resiste, nonostante tutto. Nonostante, tanto per dire, le divisioni fra i partiti della coalizione: nessuno ha dimenticato, a parte gli elettori inquadrati e coperti, che Rosario Monteleone, segretario regionale della Margherita, era stato a suo tempo fra i più strenui oppositori della candidatura di Repetto che pure appartiene al suo stesso partito. Il presidente uscente, invece, si era fatto forte dell’appoggio «senza se e senza ma» delle componenti più radicali della maggioranza, in particolare Rifondazione comunista, a loro volta in lotta con i Ds.
Senza contare, poi, il vento di contestazione che il popolo della sinistra aveva sollevato, in questi anni, non tanto nei confronti di Repetto - 67 anni, un passato nella Dc e nel Partito popolare, dirigente di banca in pensione, deputato per una legislatura - quanto nei confronti della coalizione di maggioranza, «colpevole» di amministrare da sempre un territorio caratterizzato da un’economia in forte crisi e servizi sociali inefficienti: dal porto in difficoltà alla forte disoccupazione giovanile, dalla progressiva emorragia di industrie e centri direzionali alla mancanza di infrastrutture (fra l’altro, l’«eterno» e irrealizzato Terzo valico ferroviario e la ristrutturazione del nodo stradale e ferroviario di Genova), dai problemi di sicurezza per il moltiplicarsi degli episodi di criminalità all’incremento dell’immigrazione clandestina che hanno coinvolto Comune e Provincia dello stesso colore politico.
In questo clima si sono inserite, di recente, le conseguenze degli episodi di intolleranza di cui è stato vittima l’arcivescovo di Genova, monsignor Angelo Bagnasco, per le sue prese di posizione in qualità di presidente dei vescovi della Cei in difesa della famiglia: scritte di aperta minaccia sui muri, recapito in Curia, anche domenica scorsa, di bossoli di proiettili «per avvertimento».

Ebbene, al di là delle considerazioni di carattere religioso, anche queste vicende avevano contribuito a spaccare ulteriormente i partiti del centrosinistra locale, con posizioni molto differenziate che spaziavano dalla solidarietà al vescovo fino all’aperta censura del suo operato. Salvo poi ricompattarsi, magicamente, su tutto e tutti al momento del voto: al primo turno per Marta Vincenzi, ieri per Alessandro Repetto. In nome dell’Unione. E del potere.

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