Lasciamo da parte la retorica dell’accoglienza

(...) sulla via dell'integrazione. Ma è anche vero che il figlio di immigrato irregolare viene ammesso all'asilo forse al posto di un bambino italiano o immigrato regolare. Come è pure vero che il pubblico ufficiale che accetta l'iscrizione deve fingere di non venire a conoscenza del reato di immigrazione clandestina. Appellarsi da una parte al formalismo della legge, dall'altra alla retorica della solidarietà e dell'accoglienza o perfino alle convenzioni internazionali è inutile: in casi come questo non esiste la ragione e il torto.
Conviene fin dall'inizio, semmai, ignorarli: non per viltà o negligenza ma - evitando arzigogoli burocratici - per lasciarne la soluzione a quei silenziosi ed efficaci fattori sociali che finora l'avevano tacitamente trovata: la prassi ed il buon senso - in attesa di una norma risolutrice chiara e inequivoca, sempre così rara dalle nostre parti.

Nota a margine: certi super-laici a 24 carati ci spieghino perché la Cei non ha diritto di dire la sua su unioni di fatto, aborto o film di Nanni Moretti mentre plaudono ad interventi dei vescovi su chi e come deve essere ammesso agli asili del Comune. Ma questa è tutta un'altra storia.

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