Laureato e ora? Ecco come trovare lavoro

Vedemecum per anti-bamboccioni. Per sfuggire al destino di eterni figli di mammà, in casa fino a 30 anni nell’attesa che il lavoro caschi dal cielo, la prima regola è non lasciare la laurea nel cassetto, ma rimboccarsi le maniche e «scattare». Perché oggi, più che mai, chi si ferma è perduto. Basta dare un’occhiata ai dati: in Italia la disoccupazione giovanile sfiora il 30% e la Lombardia non fa eccezioni, tenendo conto – numeri alla mano - che il 40% dei laureati a distanza di un anno non ha ancora trovato un impiego. Colpa della crisi? Anche. Ma non solo. Il vero problema di chi è fresco di laurea è di «non conoscere affatto il mondo del lavoro» spiega il guru del marketing Marco Bianchi. Milanese, una brillante carriera negli studi legali di Fiat e Rizzoli, Bianchi è autore di numerosi testi sull’argomento. L’ultimo, pubblicato da Vallardi e presentato ieri all’Università degli Studi di Milano, ha un titolo inequivocabile: «Mi sono laureato! E adesso?». Un «manuale di sopravvivenza», come lo definisce l’esperto, che aiuta i giovani e a destreggiarsi nel lavoro. «Chi esce dall’università – spiega Bianchi - ha un bagaglio di nozioni altissimo ma poco senso pratico, scarso spirito di gruppo e ben poche competenze tecniche. Alle aziende, più che il percorso scolastico, interessano le esperienze sul campo, anche se distanti dal profilo di studi. Poco importa se avete fatto il barman o il pizzaiolo: l’importante è dimostrare di aver voglia di fare, saper trattare con i clienti, lavorare in un team». A Milano, dicono le statistiche, le lauree «vincenti» sono economia (70% di occupati), ingegneria (70%), informatica (70,5%) ma anche quelle più tradizionali come matematica e farmacia, con percentuali del 71% e del 77%. E chi si laurea in Lettere o in facoltà «creative»? «Nessuna facoltà preclude l’ingresso al mercato del lavoro – sottolinea l’esperto -. E’ un problema di competitività, di rapporto domanda-offerta. Milano è la capitale della comunicazione, e può ancora offrire chance alle lauree umanistiche. I creativi sono spendibili nella moda e nel design, dove però servono anche esperti di marketing, avvocati e direttori commerciali per far quadrare i conti. Va bene creare una buona collezione, ma poi devo saperla vendere». E quali opportunità per chi frequenta Brera? «L’importante è non aspettare, e cercare un lavoro già durante gli studi. In mancanza d’altro, consiglio di accettare qualsiasi impiego, purché retribuito». Ma dove cercare? «Esistono siti web specializzati, carreer day all’università che propongono incontri con le aziende, agenzie che selezionano candidati da proporre alle imprese». E che dire dei master milanesi: un valore aggiunto o solo una leggenda? «Possono essere un modo per emergere, per crearsi contatti, purché non siano vissuti come un prolungamento dell’università». I migliori? Sono certificati Asfor, spiega l’autore. Per il marketing, per esempio, si va dal classico Mba alla Bocconi al master di Publitalia a quello dell’Accademia di comunicazione.

Che fare il giorno dopo la laurea? «Individuare le aziende a cui proporsi e scrivere un curriculum mirato, senza foto, che differenzi il candidato». «Al colloquio fate domande: quale sarà la mansione, come è strutturato l’ente, quante persone vi lavorano. E occhio – conclude Bianchi - a cosa si inserisce su Facebook!».

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