Lavatrici, calcinacci, auto e rifiuti tossici abbandonati sulle alture

(...) tra la Torretta che domina il Biscione e la via al Poligono di tiro, da anni cimitero di motorini usati, probabilmente rubati. Tra alberi di frassino e roverelle, nelle timide acque del rio Camposemino, affluente del torrente Fereggiano, un tempo limpida sorgente per i contadini del luogo, e fin sulla strada a lambire l'asfalto, i rifiuti dominano, anzi quasi si mettono in mostra. Ad essere in vena di restauri, infatti, qua e là si potrebbe trovare buon materiale da bricolage, se non proprio la 500 sparita nottetempo una manciata di anni fa; c'è addirittura un distributore automatico di sigarette, naturalmente vuoto, che sembra quasi un reperto vintage, per intenditori.
Lo scenario non cambia se ci si sposta di qualche chilometro verso est: ai Camaldoli e in via Pianderlino, per esempio, ci sono talmente tanti rovi che la spazzatura emerge a stento e testimonia un degrado decennale, fatto purtroppo anche di batterie d'auto inquinanti e pericolose. Stesso discorso pure sul monte Fasce, su su sopra il quartiere di Apparizione. Laddove c'è ancora chi alleva vitelli e porta al pascolo i greggi, infatti, qualcun'altro va a scaricare ogni genere di «materiale post-consumo», come da definizione ultimamente di moda. A giudicare dalla posizione di lavatrici, frigoriferi e lavastoviglie, il metodo scelto da chi inquina dev'essere quello del lancio dalla strada che fa dei crinali un insieme disordinato di ferraglie, a tratti pure fotogenico con i suoi colori industriali. Peccato solo che a fianco di interi salotti e wc appaiano spesso bidoni arrugginiti dai quali chissà quali sostanze sono uscite e si sono disperse nell'ambiente.
Nella cornice di monti e colline che circonda Genova l'unica zona a salvarsi è quella del Righi. Sotto il Forte Sperone, da dove si domina tutta la città, i boschi sono puliti e i bambini possono davvero giocare in serenità.
Non sono altrettanto fortunate alcune località della provincia. A Sant'Olcese, in via Carlo Levi, vicino a quel gioiello che è Villa Serra, la «rumenta» è addirittura in strada sotto il cartello «vietato abbandonare i rifiuti» e a fianco a un bidoncino verde della raccolta urbana, rigorosamente vuoto.
Poco oltre, verso l'entroterra, c'è pure una grossa auto abbandonata, carica di materassi, copertoni e lavandini a pezzetti, e attorniata dalle solite batterie esauste e da fusti di vernice.
A Chiavari gli elettrodomestici vengono abbandonati direttamente sul lungomare sotto la Fara, mostro ecologico che sta per essere venduto, e sono circondati da piccole imbarcazioni come richiede la natura del luogo. All'interno, a San Salvatore di Cogorno, invece, il degrado va ben oltre la spazzatura e si fa vera e propria decadenza architettonica: l'antico palazzo Fieschi, che sorge di fronte all'omonima e ben conservata basilica, infatti, versa in condizioni pessime tra gatti randagi, piccioni e odori sgradevoli.


Per Dante quella era la zona della «fiumana bella» che aveva dato i natali e il nome all'avaro papa Adriano V, conte Fieschi, ospite del Purgatorio e noto per uno dei pontificati più brevi della storia: oggi è solo una maleodorante testimonianza dello splendore che fu.

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