Legge elettorale, patto anti-referendum

I promotori della consultazione tagliano il traguardo delle 500mila firme. Mastella, però, annuncia l’intesa con Forza Italia e Lega sul modello tedesco: Berlusconi mi ha detto che per lui e Bossi e va bene

Legge elettorale, patto anti-referendum

Roma - «Berlusconi mi ha assicurato che gli va bene, anche Bossi ovviamente è d’accordo, e a me pure sta bene: anzi, posso aggiungere anche il sì di Rifondazione. Dunque tranquilli, il referendum non si fa. Andiamo verso un modello elettorale di tipo tedesco. Con lo sbarramento su base regionale però, è la condizione posta dalla Lega e dall’Udeur, partiti con radicamento territoriale». Così parlò Clemente Mastella, finalmente soddisfatto e sereno davanti al pericolo referendario che vede svanire. È così sicuro, il leader del Campanile, da ironizzare su quelli del comitato per la raccolta delle firme: «Vi siete mai chiesti perché Veltroni dice di appoggiare ma non firma? Anzi, perché il professor Guzzetta non si candida lui a guidare il Partito democratico?».

Così, se non bastano le dichiarazioni di Sandro Bondi e Fabrizio Cicchitto, ci son gli impegni del Cavaliere presi col Guardasigilli, a fornire una risposta all’interrogativo posto ieri da Gianfranco Fini. Il leader di An, in conferenza stampa con Mariotto Segni e Antonio Di Pietro per coronare il traguardo delle 500mila firme, manda a dire a Berlusconi: «Se dice di no al referendum, a cosa dice sì? Questo gli ho chiesto, ma non ho avuto risposte. Pensare che passi in Parlamento una legge elettorale con lo sbarramento al 5% è confondere i desideri con la realtà. In ogni caso, se significa che i partiti prima del voto non dicono con chi si alleano, noi non ci stiamo».

Il colloquio tra Mastella e Berlusconi c’è stato giorni fa, quasi casualmente, ad una cena con Gigi D’Alessio, Claudio Baglioni e Lele Mora. Il leader di Forza Italia spiegava che la richiesta del modello tedesco gli è stata formalizzata da Roberto Maroni (che venerdì ha parlato anche con Mastella), e quello dell’Udeur ha risposto che il modello va bene pure all’Udc e alle forze minori dell’Unione. «Se la cosa procede, anche i Ds finiranno col dire di sì», ha garantito Mastella a Berlusconi.

Cosa avvenuta ora con l’intervista di Piero Fassino all’Unità, che riceve una mezza benedizione da Massimo D’Alema il quale ribadisce di preferire il doppio turno francese, «ma se non è possibile, allora preferisco il modello tedesco». D’Alema tranquillizza Fini, spiegando che lo sbarramento è «un premio di maggioranza implicito», che «può dare vita a un bipolarismo più civile del nostro». Da Rifondazione, pure Giovanni Russo Spena dice che «il no di Fini è superabile», perché il proporzionale italo-tedesco nascerebbe nella «logica bipolarista, con alleanze dichiarate prima del voto e indicazione del candidato premier». Ieri sera infine, la risposta di Forza Italia a Fini è giunta da Fabrizio Cicchitto: «Per noi la priorità rimane la riforma parlamentare, perché creare il bipartitismo attraverso un referendum è una forzatura inaccettabile». Più o meno come l’ultimatum annunciato da Roberto Calderoli dopo un vertice con Maroni a casa di Umberto Bossi: «Deve essere il Parlamento a fare la legge elettorale e non il referendum, stop. Lo ha ribadito Bossi».

Il problema però, è lo sbarramento al 5%, che fa del proporzionale in collegi uninominali in vigore in Germania, il punto qualificante di quel sistema elettorale. È il minimo previsto da D’Alema per supplire al premio di maggioranza, ne fa la «significativa soglia» indicata da Cicchitto, è un obiettivo irreale per Fini il quale è facile profeta nel prevedere che poi, di emendamento in emendamento, quella soglia scenderà almeno al 3%. Per adesso però, nessuno del nuovo fronte proporzionalista e antireferendario osa mettere in discussione quel 5%, anzi. «A me e alla Lega lo sbarramento al 5% può anche andar bene, purché sia fissato su base regionale o ancora meglio circoscrizionale, perché siamo forze localizzate». Se il Carroccio non ha difficoltà a superare il 5% al Nord, l’Udeur ce la fa tranquillamente in alcune regioni meridionali. «Così, vengono tutelate anche le minoranze linguistiche come l’Svp e l’Union Valdôtaine».

Quella che si profila dunque, è una legge elettorale tedesca in salsa spagnola: gli sbarramenti su base territoriale sono infatti tipici della

Spagna, dove bisogna tutelare i baschi, i catalani e le altre autonomie. Si vedrà a settembre, se il frutto matura. Quelli del referendum intanto, il 23 luglio avranno superato abbondantemente il mezzo milione di firme.

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