Un mondo marino in cui tutte le specie vivono pacificamente e anche chi ha delle diversità fisiche, può sentirsi incluso e dove ogni “difetto” viene vissuto come una ricchezza e come un modo per entrare in comunicazione con gli altri. Questo il magico universo creato da Giulia Lamarca nel libro Le curiose avventure di Sophie (ElectaKids). Nota content creator in ambito diversity&inclusion, psicologa, mamma e viaggiatrice, per la prima volta scrive per un pubblico di piccoli, raccontando attraverso le avventure di sua figlia Sophie, l'inclusione ai più giovani. Il filo conduttore di questi racconti è il sogno che la protagonista vive dopo essersi addormentata sulla spiaggia. Un'avventura emozionante e tenera che aiuta a scoprire il valore dell’unicità, della collaborazione, dell’inclusione non solo i bambini ma tutte le famiglie. Noi l'abbiamo incontrata.
Perché ha deciso di far diventare sua figlia la protagonista del suo libro?
"L'ho vista crescere in mezzo al mondo viaggiando, un regalo che non tutti i bambini possono avere. Guardandola mi sono resa conto che ogni bambino poteva imparare da una amica come lei, così è nata l’idea".
Insegnare l’inclusione ai bambini che adulti li fa poi diventare?
"Secondo me degli adulti migliori. Credo che l’inclusione riesca ad aprire la mente delle persone e averla apre molte opportunità davanti a noi. Spero quindi che saranno adulti curiosi e attenti al prossimo".
Lei che è una psicologa e anche una mamma, come sono cambiati i bambini della nuova generazione e quali sono ora le loro paure?
"Sono più fragili, i social, la tecnologia, l’uso precoce dei cellullari, è indubbio che tutto questo li renda più vulnerabili. Allo stesso tempo sono curiosi e hanno l’opportunità di imparare ad una velocità che noi non avevamo. Secondo me si tratta di saperli aiutarli a incanalare la loro attenzione in luoghi sicuri e utili".
Nel libro spiega che il difetto deve essere vissuto come una virtù, cosa ci insegnano e cosa insegnano i difetti ai bambini?
"Che il diffetto non esiste e che quello che erroneamente chiamiamo diffetto è semplicemente un altro modo di essere ed esiste. Forse meno conosciuto e abituale, ma non per questo sbagliato".
Lei è un creatore content in ambito di diversity&inclusion quanto lavoro c’è ancora da fare e quali sono le difficoltà che incontra nel far passare questo concetto?
"Tantissime, siamo la più grande minoranza al mondo e la meno rappresentata. Dobbiamo ancora prenderci tutto. Non siamo neanche agli inizi".
Ricordo che alla fine degli anni '70, la 'rivoluzione' era avere una bambolotto di colore, il famoso "Cicciobello angelo negro" (poco politically correct se letto oggi), quanti passi avanti ci sono stati da quell’epoca?
"Il mondo sta migliorando, però c’è ancora tanto da fare. A mio avviso la disabilità è ancora l’ultima del carro, prima incontriamo tante altre minoranze. Mi dispiace doverlo sottolineare, ma siamo ancora gli ultimi degli ultimi. Non vedo l’ora di vedere un cambiamento in questo senso. Spesso si parla di diversity ma nei panel, nella rappresentazione poi mancano per persone con disabilità".
Lei come ha insegnato l’inclusione a sua figlia?
"Sperimentandola, vivendola. È giusto parlare ed è giusto raccontare ma poi bisogna realmente viverla. Viaggiando per il mondo.
guardando usanze e modi diversi dai nostri e rispettandoli, si impara a vivere in armonia con gli altri. Per questo per lei dallo svezzamento, tutti i cibi di diversi paesi andava bene, così come giocare con chiunque. In questo senso Sopie è cresciuta non avendo paura del prossimo, si fida".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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