Lezione ai disfattisti: il Paese sta crescendo

La ricchezza delle famiglie è un’arma anti-debito. E l’industria in ripresa smentisce chi parla di stagnazione

Lezione ai disfattisti: 
il Paese sta crescendo

Le ondate di pessimismo che vengono rove­sciate sull’economia italiana per avallare le martellanti richieste di un governo tecni­co- alimentate da una variopinta coalizio­ne di sinistra e centro e dei vari Montezemolo, Della Valle, Marcegaglia- , sono contraddette dai dati. Inol­tre un simile governo con la sinistra è visto con molto scetticismo dalla stampa finanziaria internazionale e in particolare dal Wall Street Journal.

E questo per­ché tale zibaldone renderebbe più difficile l’attuazio­ne della politica di bilancio di rigore stabilita con la manovra di agosto. Certo, abbiamo bisogno di più crescita. Ma non è vero che noi siamo messi così ma­­le, come vorrebbero i catastrofisti che invocano il ri­baltone. Ci sono anche molti dati positivi. Ed è confer­mato da tre notizie clamorose, che sono emerse ieri e l’altro ieri. Innanzitutto Credit Suisse ha pubblicato un volu­minoso rapporto sulla ricchezza delle famiglie, nei vari Stati del mondo.

Da tale rapporto risulta che le famiglie italiane, che hanno in totale oltre 9mila mi­liardi di ricchezza, superano nella graduatoria pro capite quasi tutte quelle degli altri Stati dell’Unione europea e battono ampiamente quelle degli Usa e del Giappone. Infatti, pro capite gli italiani hanno, di media, 260mila dollari. Ci superano solo i francesi con 294mila dollari e i belgi con 275mila, mentre gli inglesi sono dietro di noi con 258mila dollari e i tede­schi ne hanno 163mila. Superiamo anche i giappone­si, con 248mila dollari pro capite e gli abitanti degli Usa, con 181mila. Nella graduatoria mondiale siamo all’ottavo po­sto, mentre al primo troviamo la Svizzera, al secondo l’Australia, al terzo la Norvegia (ricca di petrolio del mare del Nord), poi Francia, Singapore, Svezia e Bel­gio. Questi dati smentiscono sia la tesi che l’Italia non sia in grado di pagare il suo debito pubblico, sia quel­la che occorra un’imposta patrimoniale straordina­ria per ridurlo drasticamente, dato che sono questa ricchezza e il risparmio che vi si collega a consentire alla nostra economia di creare nuovo reddito e nuova cresci­ta con le forze del mercato.

Ma, si dirà, la nostra economia di merca­to ora è in stallo, a causa della crisi. Certo, le difficoltà ci sono e occor­re una politica di sviluppo, per raf­forzare e integrare quella di rigo­re. Ma non è vero che c’è stagna­zione. L’Istat rende infatti noto che in agosto il fatturato dell’industria è aumentato del 12%, mentre qual­che giorno fa aveva comunicato che l’indice fisico della produzio­ne industriale, in agosto, era rima­sto invariato. Il contrasto tra il rile­vante aumento del fatturato e la stazionarietà dell’indice fisico co­stituisce una chiara indicazione che quest’ultimo,data la sua com­posizione invecchiata, non riflet­te il vero andamento della nostra produzione industriale, ma lo sot­tovaluta perché i comparti dina­mici in esso non sono rappresen­tati secondo il peso che hanno as­sunto. Sulla base della stazionarietà dell’indice fisico della produzio­ne industriale, Confindustria ave­va lanciato proclami allarmistici, che sono smentiti dalla crescita del fatturato. Si dirà, però, che la stagnazione si profila nel dopo fe­rie. Ma l’Istat,ieri,ha anche comu­nicato che gli ordinativi in agosto sono aumentati del 10,5%: è me­no dell’aumento del fatturato, ma è sempre una percentuale consi­stente.

E la prova di ciò la si trae da un terzo gruppo di dati, che si pote­va leggere mercoledì, nella pagi­na 25 del Sole­24 re . Ossia, nel ter­zo trimestre vi è stato un boom di ordinativi per le imprese italiane di macchine utensili, con una loro crescita del 58% rispetto al secon­do trimestre e del 32% rispetto allo steso periodo del 2010.

Queste imprese dovranno fare gli straordinari a Natale per soddi­sfare le commesse estere, che so­no in crescita soprattutto da Stati Uniti, Turchia, Germania e Brasi­le. Si osserverà che questa indu­stria, benché importante per il suo elevato contenuto tecnologi­co ( produce tra l’altro robot)occu­pa solo 32mila addetti, con 4 mi­liardi e mezzo di fatturato e, quin­di, sul commercio estero non ha un grandissimo peso, anche se 2,8 miliardi di questo fatturato sono esportati. Ma sul mercato inter­no, i suoi ordinativi nel terzo trime­stre 2011 sono cresciuti del 96% ri­spetto al terzo del 2010: segno che le nostre imprese stanno investen­do e lo fanno in nuovi macchinari di qualità.

Dunque, cerchiamo di essere ottimisti, sulla base della forza del­la ragione. Ciò ci aiuterà sia per le politiche pro crescita,sia per rassi­curare i­mercati sulla capacità e vo­lontà dell’Italia di far fronte ai suoi impegni.

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