Libano, attacco all’Onu: 6 morti

Un’autoblindo spagnola colpita da un’autobomba o da un ordigno comandato a distanza: morti tre caschi blu di Madrid e tre militari colombiani. Hezbollah: "Non siamo stati noi". Sospetti sui gruppi di Al Qaida. Illesi gli italiani, che raccontano: "Noi siamo sempre all'erta"

Libano, attacco all’Onu: 6 morti

È successo e nessuno può dire fosse inatteso. I rottami dell’autoblindo spagnola devastata da un ordigno comandato a distanza o, più probabilmente, da un’autobomba forse guidata da un kamikaze: cinque cadaveri, due caschi blu spagnoli e tre colombiani, estratti carbonizzati dalla carcassa, tre feriti gravemente ustionati, di cui uno, un militare spagnolo, morirà più tardi, erano purtroppo previsti e prevedibili, anche se non evitabili.

Succede nel pomeriggio lungo la strada che dal capoluogo cristiano di Marjayoun sale a El Khiam, la roccaforte di Hezbollah semidistrutta la scorsa estate dagli attacchi israeliani e ora già parzialmente ricostruita. Una strada di grande traffico, una strada consueta per le autoblindo dei caschi blu spagnoli arrivati qui lo scorso autunno. L’appuntamento è dietro una curva prima dell’entrata a El Khiam. E qui le ipotesi sulle modalità dell’attentato divergono. In un primo momento si parla di un ordigno fatto esplodere con un comando a distanza, con la carica cava che penetra la corazzatura e incendia l’interno. Successivamente viene accreditata l’ipotesi di un’autobomba: una Renault di colore bianco con targa falsa. La scena ricorda il mezzo italiano colpito nella primavera del 2006 in Irak. Un veicolo integro all’esterno, ma carbonizzato all’interno. In questo caso a moltiplicare danni e perdite contribuisce l’esplosione secondaria del vano munizioni.

L’Unifil deve ora capire il senso di questo primo attentato contro i 13mila caschi blu schierati nel Sud del Libano dopo la fine, lo scorso 14 agosto, dei 34 giorni di guerra tra Hezbollah e Israele. Il primo obbiettivo dei servizi di sicurezza dell’Onu è individuare la matrice dell’attentato. Hezbollah nega qualsiasi responsabilità definendo la strage «un atto sospetto». Fatah Islam, il gruppo al Qaidista arroccato da quaranta giorni nel campo profughi palestinese di Nahr El Bared, per ora tace. Lo stesso fanno le altre organizzazioni libanesi vicine a Osama Bin Laden.

Ma i sospetti non risparmiano nessuno. Il primo elemento analizzato per individuare eventuali responsabilità del Partito di Dio è l’ordigno. Se le perizie balistiche confermeranno l’impiego di un ordigno a carica cava simile a quello usato per colpire i nostri militari in Irak la smentita di Hezbollah diventerebbe sospetta. Il partito di Dio è - grazie agli aiuti dei pasdaran iraniani - l’indiscusso maestro e precursore nell’utilizzo di ordigni a carica cava impiegati già alla fine degli anni 80 contro i mezzi israeliani. L’utilizzo di un’autobomba indirizzerebbe invece i sospetti sui militanti di Fatah Islam e altre organizzazioni al qaidiste che potrebbero averne appreso l’uso in Irak o Afghanistan.

L’individuazione di particolari tecniche nel puntamento della carica cava potrebbe però mettere Hezbollah con le spalle al muro. A rafforzare i sospetti su Hezbollah concorrerebbero i non ottimi rapporti con il contingente spagnolo. Da gennaio a oggi, infatti, i miliziani sciiti hanno più volte circondato, bloccato e minacciato i caschi blu di Madrid. Un altro elemento inquietante è la presenza nella base spagnola di Ibl el Saqi, distante pochi chilometri dal luogo dell’attentato, del generale italiano Claudio Graziano, attuale comandante di tutto il contingente Unifil. Arrivato ieri mattina in occasione di una festa organizzata dal contingente spagnolo nella ricorrenza di San Giovanni Battista, il generale potrebbe anche risultare il vero obbiettivo dell’attentato. Un obbiettivo «prezioso» soprattutto per Fatah Islam che - stando agli interrogatori dei militanti catturati dall’esercito libanese – teneva nel mirino i caschi blu.

Il quarto scenario esamina le concomitanze tra l’attentato e il lancio di missili che la settimana scorsa ha colpito la cittadina israeliana di Kiriat Shmona.

Le katyusha esplose sul suolo israeliano e lanciate, per quanto si sa, da un gruppo vicino a Fatah Islam, erano partite proprio dal settore dei caschi blu spagnoli. L’eccessivo zelo dei militari di Madrid nel perseguire i responsabili del lancio potrebbe essere all’origine del micidiale attentato.

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