Liberi ma soli: chi li deve accogliere è già in ferie

Molti enti di volontariato sono chiusi. E Roma regala biglietti del tram e spazzolini da denti

Matteo Sacchi

da Milano
Escono dalla mattinata di ieri. Prima alla spicciolata, poi sempre più numerosi affollano la matricola delle carceri. Sono i detenuti che hanno già usufruito dell'indulto, quelli che hanno ottenuto, per primi, la scarcerazione. Una volta fuori dai cancelli, devono decidere dove andare, cosa fare. Per alcuni ci sono parenti e amici che aspettano, case a cui tornare. Per altri non è così semplice. Non hanno soldi, non hanno mai intrapreso un percorso di recupero, banalmente non si sono preoccupati: pensavano di avere molto più tempo.
Così, si arrangiano, opuscolo carcerario alla mano, si rivolgono alle Onlus che assieme ai comuni e alle province dovrebbero occuparsi di assistere chi esce dal carcere. Però in questo caso i liberandi sono tanti ed è agosto: molte associazioni di volontariato hanno già chiuso i battenti, esattamente come alcuni dei garanti civici dei detenuti. Se si telefona si scopre che sono già in vacanza: è il caso di Torino e di Firenze.
Per evitare il peggio i comuni che hanno i mezzi cercano di far faticosamente partire la macchina del supporto e del volontariato. Roma ricorre al «kit delle 48 ore»: biglietti del tram, una maglietta di cotone, kit per l'igiene personale. In Lombardia, e a Milano soprattutto, dove ad uscire dal carcere saranno in 2.400 si cerca di convogliare i detenuti verso tre specifici punti di raccolta. I problemi, però, non si risolvono tutti con uno spazzolino e con un tetto. Come ci racconta Licia Roselli dell'Agesol, un agenzia che da anni trova lavoro ai carcerati meneghini: «quasi tutte le associazioni avevano gia chiuso per le ferie. Io richiamo il personale ma possiamo tenere aperto al massimo una settimana. In più ad agosto non si riesce a trovare lavoro a una persona normale, figurarsi a un ex detenuto». Senza contare che in molti casi la cancellazione della pena mette in crisi il programma di recupero. Don Ettore Cannavera, cappellano del carcere minorile di Cagliari che si occupa di recupero dei minori, ammette: «prevediamo che il 60% tornerà dentro... ci voleva l’obbligo dell’accoglienza. Senza l'intervento del magistrato i più non passeranno dalle associazioni e se volessero passarci non avremmo i numeri. Tra i giovani, un 1/4 è senza casa e metà non hanno istruzione: non ce la faranno». Un ragionamento che vale anche per i liberandi tossicodipendenti.

Il responsabile di un grosso centro di Roma racconta: «Rischiamo di perdere tutti quelli che hanno iniziato da poco il programma, una specie di dolorosa selezione naturale». Forse allora sono più fortunati quei detenuti, che usciranno tra qualche mese. Hanno più possibilità di uscire per essere liberi non per tornar dentro.

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