Libia, il pressing Usa su Renzi: "Ci aspettiamo 5mila uomini"

La linea del governo Renzi resta quella della prudenza. Ma Washington chiede un intervento militare: "Occorre rendere Tripoli un posto sicuro e far in modo che l'Isis non si più libero di colpire"

Soldati italiani in Afghanistan (foto di Mauro Consilvio)
Soldati italiani in Afghanistan (foto di Mauro Consilvio)

Il Consiglio dei ministri ieri mattina si è aperto proprio con la notizia dei due italiani uccisi in Libia. Con il dolore di Matteo Renzi espresso ai ministri, con la conferma che la situazione rischia di essere sempre più esplosiva. "Questo tipo di tragedie, con criminali e terroristi che rapiscono persone per riscatti e le usano come scudi umani - dice al Corriere della Sera l'ambasciatore degli Stati Uniti a Roma John R. Phillips - sottolineano l'esigenza di indurre i libici a concordare un governo di unità nazionale per ristabilire la sicurezza e avere uno stato di diritto". La linea dell'esecutivo resta quella della prudenza. Il premier, spiegano fonti parlamentari, ne ha parlato con Paolo Gentiloni e Angelino Alfano, esaminando tutti i rischi di una escalation delle violenze nel territorio libico.

Un primo "nucleo di valutazione" sul campo, formato da poche unità. Poi, dopo l'analisi dei governi della coalizione, la decisione "politica" sul numero di militari da inviare sul terreno libico. Sono ancora tante le ipotesi operative su un possibile intervento militare antiterrorismo in Libia. Nell'intervista al Corriere della Sera John R. Phillips spiega che l'America sta lavorando "accuratamente" con l'Italia. "La mancanza di un governo stabile ha reso la Libia un posto attraente per i terroristi - continua - non possiamo forzare un accordo, però si va verso un governo di unità nazionale che, sulla base della risoluzione dell'Onu, potrà domandare al vostro Paese e ad altri di andare a Tripoli per creare isole di stabilità e progredire da queste. La Libia è la maggiore priorità per voi ed è molto importante anche per noi - incalza - è importante che prendiate la guida dell'azione internazionale". Il diplomatico americano chiede all'Italia un impegno per cinquemila soldati: "Occorre rendere Tripoli un posto sicuro e far in modo che l'Isis non si più libero di colpire". Sul contributo statunitense, invece, fa sapere che uno dei sostegni sarà l'intelligence, mentre Washington non ha ancora discusso dell'invio di truppe.

Le opzioni sul campo prevedono l'invio di un contingente il cui numero può variare vai dai 3.000 ai 7.000 uomini "in totale", comprese le forze francesi e britanniche. Sul tavolo c'è anche l'ipotesi di utilizzare la base di Sigonella per fare missioni militari sulla Libia. Ma Sigonella è solo una delle numerose basi in cui gli americani collaborano. "Abbiamo da voi 16 mila militari, con i famigliari 32 mila persone - spiega John R. Phillips - i militari l'anno scorso sono aumentati di un migliaio".

"In Iraq - aggiunge Phillips - l'Italia è uno dei migliori partner, questo mese o il prossimo risulterà il secondo Paese per contributo allo sforzo di 28 nazioni contro l'Isis. Non abbiamo altro che complimentarci per quanto fa, a bombardare penseranno altri".

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