Libri, film e ora anche canzoni Boom del marchio Vallanzasca

Nell’album «iPorn» del gruppo musicale milanese a lui intitolato l’ex bandito declama testi romantici e di protesta contro l’Expo 2015

Libri, film e ora anche canzoni 
Boom del marchio Vallanzasca

Il cosiddetto Bel René «tira». Libri, interviste, blog, film, gruppi musicali... E adesso anche canzoni. Ma non dedicate al suo mito criminale, nato nell’altro secolo e in questo divenuto fenomeno mediatico. No, proprio interpretate da lui. Da qualche giorno Renato Vallanzasca - 60 anni 40 dei quali passati in carcere in virtù, fra le altre, di quattro condanne all’ergastolo - è alle prese con un’attività per lui, omicida, sequestratore e rapinatore, del tutto nuova: il lavoro. Perché adesso l’ex boss della Comasina nonché ex nemico di Francis Turatello (bandito suo coevo e concittadino) gode della semilibertà concessa ai detenuti «fine pena mai» che hanno scontato almeno dieci anni e presta la sua opera presso una cooperativa sociale milanese del settore pelletteria.

Nel frattempo, il suo curriculum diciamo artistico si è arricchito di una nuova voce. Dopo i libri che hanno il suo nome nel titolo o la sua foto in copertina - compreso il fresco di ristampa Il fiore del male, scritto a quattro mani con il giornalista Carlo Bonini -, dopo la consulenza a Michele Placido che sta girando un film sulla sua avventura - consulenza realizzata direttamente sul set grazie a un permesso speciale -, ecco che l’ex Bel René è anche riuscito a coronare il sogno del gruppo musicale milanese che all’inizio degli anni Novanta scelse di chiamarsi con il suo nome, ma con la kappa al posto della ci. Nell’album iPorn dei Vallanzaska, in uscita il 26 marzo, l’ex genio dell’evasione dà la sua voce a due brani: uno dedicato all’Esposizione universale che si svolgerà a Milano, Expo 2015; e l’altro alla sua storia con la seconda moglie Antonella, sposata due anni fa, Fine amore mai.

Per la cronaca, nelle 13 canzoni del cd, il sesto del gruppo, c’è una mistura di musiche ska, reggae e dancehall con un po’ di emo, punk, rock, funky e hip hop. Il filo conduttore è la tecnologia che influenza tanto i desideri della gente che cambiarne le esigenze.

Nei due brani di cui si diceva interviene l’ex gangster, che, come spiega il leader del gruppo Davide Romagnoni, «legge i testi scritti da noi ma non canta. Da tanto tempo desideravamo cantare con Renato e finalmente la scorsa settimana siamo riusciti a coinvolgerlo». E pensare che quando Vallanzasca venne a sapere dell’esistenza dei Vallanzaska si lamentò. «Come? Non mi hanno mai regalato neanche un disco... ». Da allora il Bel René e la band milanese sono in ottimi rapporti. Ma nell’ultimo album del gruppo però non c’è l’apologia del crimine, assicura il tastierista chiamato «lo Scandinavo», che dice: «conosciamo i gravi reati per i quali è stato condannato ma volevamo sottolineare quello che è oggi: uno uomo che ha trascorso quarant’anni in carcere e sta continuando consapevolmente a pagare». Nella canzone sull’Expo, Vallanzasca dice: «Soldi a palate, affari, business, altro che i miei lavoretti... ». E il titolo di quella sull’amore gioca sul concetto di «fine pena mai», l’ergastolo nel lessico burocratese.

Tuttavia quando si tratta di Vallanzasca c’è anche un’altra cosa che non finisce mai: le polemiche.

Perché è indubitabile che il pericolo pubblico della Milano anni Settanta ha trascorso otto lustri in carcere e, evasioni riuscite e tentate a parte, sta pagando consapevolmente per le sue colpe, come dice «lo Scandinavo» e come ha più volte detto Michele Placido. Ed è vero che adesso è un uomo diverso da quello che ammazzava, sequestrava e rapinava. Ma è anche vero, checché ne dica lo stesso Placido, che non ha mai chiesto perdono ai congiunti delle persone che ha ucciso. «L’unico conto che non ho saldato - sono parole di Vallanzasca - è proprio nei riguardi dei familiari. Solo loro vantano un credito nei miei confronti... ».

Ed è a causa di questa omissione che le mogli e i figli degli uomini ai quali ha tolto la vita chiedono ai mezzi di informazione di dare conto del dolore che provano ogni volta che Vallanzasca ha visibilità. Come ha fatto all’inizio di febbraio Gabriella Vitali, vedova dell’agente della stradale Luigi D’Andrea, che insieme col collega Renato Barborini fu ucciso da Vallanzasca e i suoi nel 1977 vicino al casello di Dalmine. «È una scelta vergognosa - disse la signora Vitali - fare un film su un personaggio che dovrebbe pagare i suoi debiti circondato dal silenzio. E che invece viene messo sotto i riflettori».

L’autodifesa dell’ex poliziotto

Placido? «Vallanzasca non ha mai ucciso a sangue freddo - ha detto il regista -. In Italia vorremmo solo le vite dei santi, ma il nostro purtroppo non è un Paese di santi, o almeno non solo».

E poi, i santi «tirano» meno.

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