Le liste dattesa continuano a essere la via crucis dei romani. Nonostante i proclami regionali, i tempi dattesta per visite ed esami diagnostici, continuano a essere lunghissimi. Strutture in tilt, risonanza magnetica inaccessibile, un anno per una mammografia, 10 mesi di attesa per un esame ecodoppler cardiaco o 5 per una ecografia pelvica, sono solo alcune immagini del tragico panorama della sanità capitolina.
«Purtroppo - spiega il segretario nazionale del Codici, Ivano Giacomelli - sono stati sottovalutati i problemi collegati allintramoenia, che viene praticata senza controllo da parte dei manager delle Asl, spesso consenzienti e complici nellesercizio a volte smodato dellattività privata. Questo meccanismo, lungi dal garantire i servizi al cittadino, va a detrimento delle liste dattesa, che si allungano». I dati parlano da soli: per unecografia ostetrica al San Camillo ci vogliono 107 giorni, 127 al SantEugenio, mentre per unecografia delladdome superiore al Forlanini ne passano 70.
Questo significa che molti utenti sono costretti, dettati dallurgenza dellesame, a effettuarlo a pagamento. «I tempi saranno ridotti solo quando verrà meno il conflitto di interessi dei medici - dice Rodolfo Caligiuri, responsabile regionale dellUnuss - autorizzati a svolgere attività privata dentro le stesse strutture in cui prestano il servizio pubblico». «La Regione ha stanziato fra il 2006 e il 2007 circa 5 milioni e 400mila euro per abbattere le liste dattesa, ma nulla è cambiato», commenta Fabio Desideri, capogruppo regionale della Democrazia Cristiana per le Autonomie.
Per cercare di controllare le liste dattesa attraverso un monitoraggio costante e un intervento sulla qualità delle prestazioni, ieri Codici, Unuss, Aduc, Focus e Movimento consumatori hanno dato vita al progetto «Da paziente a impaziente». «Lo scopo - spiega Giacomelli - è quello di migliorare le informazioni per i pazienti. Gli utenti hanno a disposizione il sito www.impaziente.
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