Lombardo: anche Prodi farà i conti con noi

Marianna Bartoccelli

nostro inviato a Palermo

Ha iniziato a lanciare il suo movimento dopo essere uscito dall'Udc in forte polemica con Follini e Casini a Catania e consentendo al candidato Scapagnini di Forza Italia di battere Enzo Bianco, contro ogni previsione. Poi a Messina ha contribuito a far perdere il candidato di An, Luigi Ragno, candidando un suo esponente che ha preso il 7,5%. La terza tappa è stato un congresso nazionale a Bari, dove sono arrivati per corteggiarlo D'Alema e Mastella e un gruppo di leghisti guidati dal loro capogruppo Gibelli. Sono stati loro alla fine ad avere la meglio, costruendo un insolito asse Nord-Sud.
Insomma step by step Raffaele Lombardo ha costruito il suo Movimento per l'Autonomia sino a portare in Parlamento 5 deputati e due senatori e adesso in Sicilia saranno in 10 a sedere a Palazzo dei Normanni. L'Mpa con il suo 12,7% è diventato il terzo partito della Cdl e ha solo cinque deputati in meno dei Ds che raggiunge il 14,1%. In percentuali i voti dell'Mpa sono pari a quelli della Margherita e a quelli dell'Udc. Formatosi politicamente nella Dc di Calogero Mannino, Lombardo adesso è presidente della Provincia di Catania ed eurodeputato, eletto nell'Udc, dove è approdato dal Ccd.
Presidente Lombardo, lei è considerato il vero vincitore di queste elezioni. Ha indovinato la linea politica oppure conta il fatto che lei sia a capo della Provincia di Catania?
«L'uno e l'altro. Non nego che la mia vittoria a Catania dipenda anche dal mio ruolo. Che significa forte radicamento nel territorio. Ma noi cominciamo a essere presenti ovunque, governo di destra o di sinistra, perché l'idea di autonomia riemerge dappertutto. I siciliani sanno che un meridionale su 4 è sulla soglia della povertà e che 60mila laureati e diplomati ogni anno sono costretti a lasciare casa per poter lavorare».
Lei ha dichiarato che l'Mpa ha il diritto di chiedere la presidenza dell'Assemblea regionale, ruolo che è stato rivendicato anche da Gianfranco Miccichè. Comincerete a litigare?
«Ho affermato che l'unica cosa che non va messa in discussione è Cuffaro, il resto va deciso da tutti senza preconcetti e con serenità».
Il suo cammino sulla via dell'autonomia e dell'ipotesi di un partito modello bavarese è iniziato proprio con Miccichè, durante le elezioni a Catania. Lei ha continuato e adesso il deputato di Forza Italia sembra voglia riprendere questi temi...
«Mi consenta di avere dei dubbi. Non c'è politica più centralista di quella di Fi. È probabile che Miccichè in questi mesi sia cambiato, lo vedremo. Io so che noi dell'Mpa pretenderemo dalla futura Assemblea Regionale che venga affrontato il tema dell'autonomia, vedremo chi ci sta».
Siete a Roma come parlamentari, cosa significa?
«Che finalmente alla Camera si parla siciliano».
Con quattro ministri siciliani per la verità anche prima si parlava siciliano...
«È diverso: il nostro gruppo inchioderà il governo nazionale su cose vere e concrete, che sono le nostre richieste. Iniziamo dal Ponte: lunedì faremo una manifestazione nazionale a Messina. Chiediamo a Prodi di ripensarci e di ridiscutere la sua posizione».
È tornato a sostenere Cuffaro ma continua a essere polemico con l'Udc di Casini...
«Il nostro è un percorso lungo, nel quale non firmiamo cambiali in bianco a nessuno. Neanche a Cuffaro. Vedremo. Intanto camminiamo per diventare il primo partito in Sicilia, e poi maggioranza assoluta, come la Csu in Baviera e come fanno in Val d'Aosta. Le alleanze si costruiscono cammin facendo».
Adesso ci sarà il referendum per il federalismo. I siciliani la potrebbero ritenere una scadenza inutile, visto che già godono di una fortissima autonomia che non sempre è stata un vantaggio...
«Credo che invece saranno generosi e andranno a votare per consentire al resto di Italia di ottenere il federalismo.

L'importante è capire che dobbiamo andare verso il federalismo solidale, e che ci sia il meccanismo perequativo a cui verrà obbligato lo Stato».
Se il sì al referendum vince...
«Vincerà. La nostra vittoria elettorale dimostra che ormai i tempi delle autonomie regionali sono maturi».

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