Da Londra a Milano sulle note di Mozart

Robin Ticciati, londinese di origine italiana, 25 anni, una testa di ricci castani che incorniciano il volto armonioso e pieno di luce, è sul podio della Filarmonica della Scala. Tre anni fa, nei mesi avventurosi del dopo-Muti, era parso un rappezzo dell'ultimo minuto. Ma ormai la sue presenze sono programmate in anticipo e spesso precedute da lusinghieri osanna. Come quello del critico del Financial Times Andrew Clarke che, a proposito di un recente Così fan tutte, sentenzia: «That's what I call style», questo è stile. Insomma il bravo ragazzo che fino a ieri faceva le vacanze con i genitori in Cornovaglia dilettandosi di nuoto, golf, surf, sere al bar, pop e jazz adesso è nel girone paradisiaco-infernale dell'artista in carriera dove tutto, o quasi, è verboten. L'ottica è sempre quella di un nuovo corso che più sono giovani e più li vuole. Tutti. Interpreti, direttori, compositori. Basta seguire il filo rosso Lissner-Mortier-Hintehäuser. O anche solo Luca Francesconi, neo direttore a Venezia. In una manciata di anni Ticciati si è guadagnato molte medaglie. Tra queste il Sogno di Scipione montato a Klagenfurt con Michael Sturminger e subito ripreso a Salisburgo, la direzione musicale di una delle più antiche compagini svedesi, la Gävle Symfoni Orkester, e del Glyndebourne on tour (a Glyndenbourne ha appena diretto un Macbeth), la presenza al Gewandhaus di Lipsia, l'imminente Rapte of Lucretia di Britten al Konzerthaus di Vienna con tanto di Ian Bostridge e Angelika Kirchschlager in cast. Se quando l'abbiamo conosciuto la sua fortuna si poteva anche riferire al peso di numi tutelari quali Sir Colin Davis e Sir Simone Rattle, oggi Ticciati cammina da solo. Sebbene le parole per i maestri, Davis in particolare, non manchino e grondino riconoscenza. È sempre lui che gli dice come e cosa studiare, cosa vedere: una certa biografia per Ciaikovskij, un certo pittore per Sibelius. Davis è sinonimo di London Symphony. In quell'orchestra Robin suonava le percussioni. Era cioè in una postazione che gli imponeva di immedesimarsi nella psicologia di tutti i leggii davanti a lui. E l'intuito non gli deve essere mancato se Davis e Rattle, rispettivamente decano e nuovo del sinfonismo britannico, l'hanno notato. E se anche Salisburgo ne sottolinea la straordinaria musicalità. Robin, uno il cui compositore prediletto è quello che ha sul leggìo, che si butta a capofitto nelle partiture che lo terrorizzano («la vita si deve aggredire»), che ama la solidità del suono tedesco come il legato e la luce italiana di quelli della Scala, lunedi è sul podio del Piermarini. In sala prove dove continua a non aver parole per quelli della Scala che lo circondano d'affetto e assieme obbediscono alla sua bacchetta, sta mettendo assieme un programma che accosta il prisma luminoso del Cantus in memory of Bemjamin Britten dell'estone Arvo Pärt (1977), il celeberrimo Mozart del Concerto in do maggiore K 503 (1786), i quattro intensi Interludi dal Peter Grimes di Britten (1945), la Sinfonia n.7 di Sibelius (1924).

Quella in un movimento che germoglia da un'unica cellula tematica. Solista del concerto di Mozart è Rudolf Buchbinder, icona della classicità viennese e reduce dall'ennesima impresa: un dvd Euroarts con 12 concerti mozartiani e i Wiener.

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