Il loro diritto allo sciopero e i diritti negati agli altri

Il centro paralizzato dai cortei delle tute blu e degli studenti. Per l'ennesima volta, ma ora non se ne può più

Il loro diritto allo sciopero e i diritti negati agli altri

«Sun mingha chi a fà balà la scimmietta!» urla un tizio, sporgendosi dal finestrino dell’automobile. «E... mì, a lucidà le melenzane» strilla un altro, in piedi accanto alla portiera aperta della propria macchina. Due battute - molto meneghine - segnano l’inizio della rivolta della «maggioranza rumorosa». Attenzione, non c’è nulla da ridere: la paziente Milano non ne può più. A far salire il termometro del nervosismo, due vigili inadeguati che hanno molta comprensione per chi sfila, nemmeno un poco per chi la manifestazione la subisce e, comprensibilmente, s’incazza. Ritratto di un esterno. Milano, ieri mattina, in centro. Due cortei, uno dei metalmeccanici e l’altro degli studenti. Perché? Nessuno lo sa. Ma la causa della rabbia non è certo da far risalire all’ignoranza sui problemi sindacali delle due categorie. La «gente» - così comunemente chiamiamo i cittadini che pagano le tasse e fanno le code - la pazienza l’ha consumata già tutta negli ultimi quarant’anni. Tagliata a fette da manifestazioni di tutti i tipi, la grande Milano ha sempre subito, tentando a volte perfino di capire le ragioni di quelli che l’attraversavano di qua e di là. S’è vista sfilare davanti milioni di bandiere, striscioni e cartelli, ha ascoltato migliaia di comizi, slogan e canti. Li ha sopportati, fino ad oggi, perché questa è una città che ha i piedi ben piantati nelle sue industrie, nelle sue fabbriche, e che di conseguenza ha sempre vissuto i problemi del mondo del lavoro. E perfino delle agitazioni - meno comprensibili - degli studenti. Ma ora Milano non ne può più. Sulla propria pelle ha imparato che cortei e manifestazioni non hanno più alcun senso nel terzo millennio, ormai sono solo improvvisati «show» che disturbano il già troppo caotico «tirare innanzi» della sua gente. Blocchi stradali che i cittadini detestano e dei quali manco vogliono più conoscere motivi e origini. Due in una sola mattinata, poi, sarebbero troppi perfino per Cofferati.

Ovviamente, mentre ci sorbiamo il solito stucchevole balletto dei numeri, oggi qualcuno esalterà il «successo» delle due manifestazioni, incomprensibili frasi in sindacalese stretto che nessuno starà nemmeno ad ascoltare. Milano va avanti, soffrendo. Non ascolta più le ragioni di chi sfila, urla solo la propria rabbia. La «gente» non vuol più sapere, tantomeno capire.

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