L'ultima distopia di Tosatti

L'artista, che dà il meglio di sé nei progetti di public art, si esibirà giovedì della prossima settimana agli ex Magazzini Raccordati della Stazione Centrale

L'ultima distopia di Tosatti
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La storia dell'arte ci insegna che alla base del successo di un artista sussiste il contributo fondamentale di un gallerista che conta, e anche oggi questa regola sopravvive. Al di là del talento il mercante e le grandi collezioni che a esso fanno riferimento hanno i mezzi per supportare la carriera di un autore e veicolarne i rapporti anche con le istituzioni pubbliche.

È questo lo scenario che sottende al nuovo intervento di Gian Maria Tosatti (nella foto), brillante artista romano della scuderia della galleria Lia Rumma, già sotto i riflettori due inverni orsono all'Hangar Bicocca con la mostra «NOw/here». L'artista, che dà il meglio di sé nei progetti di public art, si esibirà giovedì della prossima settimana agli ex Magazzini Raccordati della Stazione Centrale con una nuova installazione ambientale dal titolo Paradiso. In contemporanea, sarà allestita una mostra presso la galleria milanese della napoletana Lia Rumma, tra i più importanti mercanti d'arte contemporanea nazionali, dal titolo «Es brent!» (Brucia!). «Paradiso», anticipano i curatori, sarà un'imponente opera site specific di quasi tremila metri quadri che racconta e anticipa gli scenari apocalittici di questi tempi: «Agli occhi del visitatore si apre un paradiso svuotato, ridotto al proprio scheletro, devastato dal tempo o da qualcosa che lo ha consumato. Le sette volte celesti sono semi-crollate, infiltrate dall'umidità, dall'acqua, tappezzate di precari isolamenti. Le sette grandi aule dove risiedono le gerarchie angeliche sono vuote, abitate da clochard, avvolti nelle loro coperte termiche. Lungo il percorso, tra latrine sudicie e pozzanghere sciolte accanto a cumuli di neve, si insinua la sinistra sensazione che tutto ciò che vediamo sia il risultato di un atto di violenza».

Tosatti, che vive e lavora a Napoli, proprio nella città del golfo si contraddistinse nel 2013 per quello che forse resta il suo capolavoro di arte pubblica: le «Sette Stagioni dello Spirito», grande opera in sette capitoli realizzata in 7 edifici storici e monumentali di Napoli in stato di degrado. Anche in quel caso un progetto nel segno della distopia ma a cui faceva da controcanto un messaggio di speranza che oggi pare naufragata.

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