Da San Sebastian. «Siamo in una fase molto interessante del processo. Realtà e scienza vanno di pari passo per creare un prodotto alimentare unico che rivoluzionerà il modo in cui mangiamo la carne». Una promessa che sarà concreta nel 2021, come spiega al Giornale in esclusiva la dottoressa Mercedes Vila, 43 anni, co-fondatrice e direttrice dello sviluppo tecnologico (CTO) della Biotech Foods España, un'azienda avveniristica che sta per servirci nel piatto la più grande rivoluzione, non solo, nella nutrizione, perché la missione della dottoressa Vila è «la sostenibilità tra consumo di carne e rispetto animale e ambientale».
Per eliminare le continue emergenze sanitarie nel mondo alimentare, vedi il Coronavirus, che nascono negli allevamenti intensivi di bestiame, dobbiamo pensare o a ridurre sensibilmente i consumi di carne o a sostituirla. «Siamo in un momento di emergenza climatica in cui dobbiamo trovare alternative al consumo delle risorse naturali disponibili», spiega Vila, «e per questo dobbiamo cercare risposte nella scienza». Poi ci sono i numeri, implacabili. «Secondo l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO), nel 2050 la domanda globale di carne dovrebbe aumentare del 70% per nutrire una popolazione di 9,6 miliardi di persone». E questa inarrestabile esigenza peggiorerà, con l'ampliamento di allevamenti intensivi, la salute della Terra e la nostra. «A tutti i vantaggi per noi, come la sicurezza alimentare e il benessere degli animali, si aggiunge una significativa riduzione dell'impatto ambientale, poiché la carne di cellule coltivate consumerà il 99% in meno di terra, il 75% in meno di acqua e produrrà il 90% in meno di emissioni rispetto a un altro prodotto a base di carne». In pratica se oggi impieghiamo 4mila litri d'acqua per produrre una bistecca di trecento grammi, con la carne coltivata sprecheremo pochi bicchieri del prezioso liquido.
Ma come avviene questo miracolo di moltiplicazione della bistecca? «Si procede in laboratorio all'estrazione del campione di tessuto dall'animale: un'operazione che è effettuata mediante una piccola biopsia, senza causare sofferenza o danno ed evitare, così, l'abbattimento del maiale o del vitello. Una volta estratto il campione, inizia la coltivazione delle cellule del tessuto all'interno di bioreattori, mentre l'animale ritorna alla sua vita quotidiana. Con una semplice estrazione su un capo, possiamo ottenere la carne di 400 capi, perfettamente sana, sicura, ricca di proteine animali e senza grassi».
Avremo, quindi, carne di qualità, sana, controllata, prodotta con pochissime risorse vitali, senza la crudeltà dell'allevamento intensivo e l'orrore della macellazione. E con pochi allevamenti sostenibili con pochi animali, uno o due per specie. Non sembra questa tecnica d'ingegneria tissutale la cosa più vicina a un miracolo? O almeno è la risposta della scienza che cercavamo? Oggi il 25% delle risorse energetiche mondiali è bruciato dagli allevamenti intensivi di carni bovine, ovine e suine. E gli allevamenti inquinano per il 15% l'aria e per il 20% le acque con i loro liquami. E sono focolai di virus: «mucca pazza», Sars e coronavirus. E gli spagnoli e tutto il resto del mondo, quello carnivoro, ma anche quello vegetariano, è pronto alla rivoluzione? «Il consumatore attende alternative sane, sicure, rispettose dell'ambiente e degli animali», risponde la dottoressa Vila che nel 2010 ha ottenuto il riconoscimento «For Women in Science» della Oréal-Unesco per la sua carriera scientifica. «Studi consolidati negli Usa e in Europa spiegano che il 46% dei consumatori acquisterebbe la carne coltivata probabilmente o sicuramente, il 33% lo farebbe e soltanto il 20% la respingerebbe».
Non sono molte, ma esistono altre aziende impegnate nella produzione di carne coltivata, in America e Cina. L'attore Leonardo DiCaprio e l'Ad di Amazon Jeff Bezos hanno investito alcuni milioni di dollari in una di queste, ma a San Sebastian, nello splendore paesaggistico dei Paesi Baschi, sono più avanti di tutti. E hanno già vinto la sfida. «Dopo aver lanciato la società nel 2017, dopo avere acquisito le conoscenze tecniche su piccola scala, ora adattiamo questa tecnologia alla produzione industriale». Questo significa che con il marchio registrato «Ethica Meat», carne etica, tra un anno o meno, «partendo dalla carne coltivata di suino, offriremo al mercato salsicce, polpette, crocchette e prosciutto York (l'equivalente del prosciutto cotto italiano, ndr) e altri prodotti a base di carne lavorata di carne coltivata», spiega Mercedes Vila. La carne suina, infatti, è stata scelta dalla Biotech Foods come il biglietto da visita per il lancio di questa rivoluzione. Gira una storia che Mercedes Vila, senza avvertirli, al suo cenone di Natale, abbia offerto ai suoi parenti polpette di carne coltivata. E con la semplicità nel risponderci, senza farci pesare di non essere scienziati, la dottoressa spagnola, laurea in Fisica dei materiali, con sedici anni d'esperienza nella progettazione e applicazione di materiali nella biomedicina, e nella comprensione delle interazioni superficiali tra cellule e materiali, ci risponde, con un gran sorriso: «Sì, e nessuno se n'è accorto». Magnifico. Ma quanto costerà la «Ethica Meat»? «Crediamo che il prezzo della carne coltivata debba essere accessibile al consumatore finale perché se vogliamo consumare meno risorse naturali, tutti dobbiamo partecipare a questa rivoluzione alimentare.
Quindi l'obiettivo finale è che la carne coltivata abbia un prezzo simile a quello della carne attuale». Gambe sotto al tavolo, forchetta e coltello incrociati. La rivoluzione della bistecca biotech è iniziata. E viene dalla Spagna.
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