Madri migranti, la sofferenza dell’abbandono

Due donne sole sul palcoscenico. Due donne straniere come tante. Che hanno varcato il confine del loro Paese lasciandosi alle spalle il futuro, cioè quei figli che chissà quando, un giorno, forse, potranno di nuovo abbracciare. Madri dal cuore spezzato. In scena raccontano la tristezza, le speranze, la nostalgia, le emozioni di chi ha deciso di compiere un viaggio in un nuovo mondo, lontano da tutto e da tutti, convinte che non sia per sempre. Lo fanno in «Madri migranti». Trapianto di cuore globale, il toccante e attualissimo spettacolo allestito al Teatro Litta nella sala «La Cavallerizza» dalla regista Anastasia Astolfi, che con Alessandra Fallucchi è anche una delle due protagoniste (fino al 17 gennaio, info: 02-86454545, www.teatrolitta.it). Quante volte le abbiamo viste arrivare da lontano, entrare nelle nostre case senza nemmeno il coraggio di mostrare la foto di quei bambini che hanno affidato ad altre mani, come se la vergogna provata per l'abbandono fosse più forte dell'amore. Sono colf filippine, badanti ucraine, baby sitter sudamericane, donne che si accontentano di essere per anni soltanto trepidanti mamme a distanza. In scena vi sono, dunque, due donne e mille madri, le cui storie s'intrecciano, si sovrappongono, si fondono in un unico assolo: «Una voce che porta simbolicamente in sé la forza e le sofferenze di tutto l'universo femminile che ha dovuto o voluto rinunciare alla propria piena maternità per cercare un riscatto economico e la possibilità di una vita migliore. Per sé ma soprattutto proprio per quei figli che hanno lasciato», spiega Anastasia Astolfi. «Sono donne che abitano lo spazio dell'attesa, sospese tra il desiderio di tornare a casa dai propri figli e la voglia di essere riconosciute a pieno titolo nel Paese di accoglienza». Madri migranti. Trapianto di cuore globale, nato da un'idea di Maddalena Grechi, è un mix di mille esperienze vissute in presa diretta. Un collage composto attraverso interviste a donne straniere che vivono in Italia separate dai figli, indagini nelle case di accoglienza, nelle associazioni e servizi sociali e anche attraverso le suggestioni del testo di Erri De Luca In nome della madre e di Donne globali delle sociologhe inglesi Barbara Ehrenreich e Arlie Russell Hochschild. Uno spettacolo che in qualche modo non finisce quando cala il sipario: «Madri migranti» supporta, infatti, la campagna «Sostieni una mamma».

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