Magenta, madre e figlia

«Vai a casa che trovi una sorpresa». Ieri pomeriggio l'operaio Carlo Calati è al lavoro nella sua fabbrica, la Cantoni di Boffalora, quando gli arriva la telefonata che lo fa tornare a precipizio nella sua casa di Magenta. Lì, con lui, abitano sua moglie Amalia Francisco, filippina, e Raquel, una delle figlie con cui la donna è arrivata in Italia vent'anni fa per sfuggire alla miseria del Paese asiatico. Quando arriva, Calati trova la porta di casa aperta. Il silenzio colpisce subito l'operaio. Chiama «Amalia, Raquel», ma nessuno risponde. Quando entra in camera da letto, si trova di fronte all'orrore.
Madre e figlia sono entrambe in camera, morte. Non servono i Ris per capire che sono state assassinate a coltellate: i corpi sono costellati di ferite, il collo di entrambe è devastato. Calati sconvolto chiede aiuto ad una vicina di casa, ma non v'è altro da fare che chiamare i carabinieri. Che si trovano di fronte ad un delitto feroce ed oscuro, apparentemente senza spiegazioni. Vita senza ombre, quella delle due donne. Unica nota stonata, un uomo che è sparito: è il nipote quarantenne di Amalia Francisco, prima abitava a Milano, poi per risparmiare aveva chiesto e ottenuto di trasferirsi a casa della zia, qui, a Magenta. Ma litigavano spesso. È stato lui, il nipote, a fare la telefonata. E ieri, dopo il delitto, del filippino non si trova più alcuna traccia. I carabinieri lo cercano alla stazione, ai capolinea delle autocorriere. Non è formalmente indagato. Non si escludono altre strade, altre ipotesi. Ma quando lo troveranno, l'uomo dovrà spiegare quell’agghiacciante telefonata e la precipitosa sparizione.
La casa della tragedia è una vecchia casa a corte nel centro storico di Magenta. Non è, questo delitto, un delitto nato nel degrado, nell'emarginazione della immigrazione più povera. Per il poco che se ne capisce finora, è invece un delitto domestico, un duplice assassinio che poteva avvenire in una qualunque casa italiana. Come italiane, d'altronde - soprattutto dopo il matrimonio con l'operaio saldatore Calati - vivevano madre e figlia: entrambe integrate, conosciute, apprezzate nel quartiere in cui erano ormai di casa. Come buona parte dei loro connazionali, si guadagnavano da vivere facendo le pulizie. Ma prima di partire per il lavoro non rinunciavano al caffè e a due chiacchiere al bar "Franco", proprio davanti alla vecchia casa di cortile.
Ieri, quando la notizia del delitto si sparge, piomba a Magenta un'altra figlia di Amalia. Fin quando non si è sposata, anche lei viveva qui.

È lei a raccontare di quel nipote dal carattere difficile, con cui Amalia - una donna forte, in grado di allevare dei figli a quindicimila chilometri dal marito - non riusciva ad andare d'accordo. «Litigavano sempre, ma non so perché», racconta. Può essere stato un ennesimo litigio, ieri, a innescare tanta violenza?

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