Il mago Brachetti diventa Fellini, 007 e Pinocchio

Straordinario debutto dell’uomo dai mille volti, che viaggia nella memoria trasformandosi anche in Bogart e nella Minnelli

da Milano

A volte il tempo si può fermare. Basta chiuderlo nel baule dei ricordi e togliere il lucchetto alla fantasia. A volte il tempo può tornare indietro, basta spostare le lancette del cuore e restare in bilico sul filo della memoria. La magia di Arturo Brachetti è tutta qui, nel ritorno ad un'infanzia tenuta prigioniera per troppi anni in un baule che adesso vorrebbe buttare via ma che scoperchiandosi gli fa trovare l'animo di un bambino e riscoprire se stesso.
Straordinario trasformismo quello che gli consente di cambiare d'abito, o meglio d'animo, in tre o quattro secondi, ottanta volte nei cento minuti di L'uomo dai 1000 volti che ha debuttato l'altra sera al Teatro degli Arcimboldi di Milano (fino al 18 febbraio, poi a Roma, Torino e Napoli). È un cammino a ritroso, malinconico, nostalgico, nel passato, verso un'infanzia ritrovata ma mai dimenticata: «Abbiamo tutti una scatola dei ricordi in solaio o semplicemente nella nostra memoria, generalmente invecchiando ce ne sbarazziamo», dice Brachetti sul palcoscenico dove trasforma mille volte se stesso, come un eroe di Pirandello, per raccontare i miti della sua, della nostra infanzia, da Pinocchio a Barbie, da Spiderman all'Ape Maia, e anche per realizzare con semplici movimenti delle mani una giungla di animali al chiar di luna in una scenografia surreale giocata con luci iperrealiste, con raggi laser, con fotografie animate. E con l'onnipresente borsetta rossa parlante (la voce è di Sandra Mondaini) della sua mamma, incombente nello show, che custodisce i ricordi più preziosi di ognuno di noi.
Ma è poco in confronto allo strepitoso secondo tempo di questo funambolo delle emozioni. Un atto d'amore al cinema di tutti i tempi che Brachetti da bambino vedeva di nascosto, un tourbillon di magici fotogrammi che fa rivivere in scena, accompagnandoli dalle colonne sonore e da spezzoni dei film originali proiettati sul palco trasformandosi, incredibilmente in un soffio, dal Charlie Chaplin de Il dittatore a Liza Minnelli di Cabaret, da Esther Williams di Bellezze al bagno a King Kong, da Frankenstein a James Bond di Operazione Goldfinger, dal Gene Kelly di Cantando sotto la pioggia a Humprey Bogart e Ingrid Bergman di Casablanca.
Poi dalla borsetta estrae una fotografia in bianco e nero: c'è lui bambino accanto a Federico Fellini. È il ricordo di quell'incontro casuale sotto il tendone di un circo, a farlo riflettere, è quella frase che il regista gli disse e che è rimasta scolpita nella sua memoria: «Se vuoi diventare davvero come me ricordati che non devi mai diventare grande». Il segreto è tutto qui: mantenere lo stupore e la curiosità di un bambino. Lo sa bene Brachetti che incanta il mondo facendo dell'immaginazione la sua arma vincente ed è allora che comincia l'omaggio forse più affettuoso, sicuramente più visionario mai dedicato a Fellini: eccolo diventare Giulietta Masina, un clown o uno sceicco bianco mentre sullo sfondo appaiono gli spezzoni d'epoca di Mastroianni, di Anitona e degli altri protagonisti dei suoi film con la realtà che si insinua nella finzione cinematografica. La conclusione?, decide Brachetti al termine di uno show che sa divertire ma anche commuovere.

Il messaggio è tutto qui, racchiuso, chissà, in una soffitta o nel proprio cuore. Teniamoci tutto, il passato, prossimo e remoto, le lacrime e i sorrisi, le speranze e le certezze, i sogni mancati e le illusioni perdute. E con il bagaglio dei nostri ricordi guardiamo dritto verso il futuro.

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