Pierfrancesco Majorino non fa paura al centrodestra. Inutile girarci intorno le con formule di rito: secondo i partiti che sostengono Attilio Fontana, lo sfidante scelto dal Pd, e dalla sua «mini-coalizione», non è in grado di impensierire il governatore uscente nell'appuntamento elettorale che dovrebbe essere fissato fra tre mesi circa in Lombardia.
Fra i due, ieri, c'è stata una telefonata: la partita inizia dunque nel segno del «fair play», e questo nonostante i trascorsi di Majorino, che nel 2020 in particolare ha colpevolizzato la Regione Lombardia, e il suo presidente, per la gestione dell'emergenza Covid. La chiamata l'ha resa nota l'eurodeputato, manifestando l'auspicio di una campagna corretta.
Si è detto anche convinto di vincere Majorino, e non sono molti al momento a esternare questa convinzione. Nel centrodestra, a dire il vero, fa capolino la convinzione opposta, cioè che il profilo dell'ex assessore comunale di Milano non abbia le caratteristiche per sfondare in Lombardia. Ostenta sicurezza, dunque, la Lega. Il capogruppo regionale Roberto Anelli irride le difficoltà che la coalizione ha incontrato per arrivare a questa scelta. «Alla fine la montagna ha partorito il Majorino». «Dopo mesi di aspri dibattiti, di nomi proposti e poi ritirati, di rinunce come quella di Cottarelli - spiega - il centrosinistra ha deciso di puntare su un candidato da sempre orientato all'ideologia e poco alla concretezza». Il coordinatore lombardo Fabrizio Cecchetti lo definisce «un estremista molto lontano dal pensiero e dal sentire dei cittadini lombardi», per Stefano Bolognini ha «idee contrapposte ai valori e alla storia della nostra regione e assolutamente non condivisibili» e Deborah Giovanati riempie di contenuti questa impressione: «Majorino rappresenta quella visione anti-sussidiaria radicata nel centrosinistra». «È quello che ha definito il richiamo alla famiglia naturale come un incubo oscurantista medievale - ricorda la cattolica Giovanati - Serve altro per commentare la sua candidatura?».
Non molto diversa l'idea di Riccardo De Corato, oggi deputato, in passato vicesindaco di Milano e assessore regionale. De Corato guarda più che altro al lato sicurezza, ma arriva a conclusioni non molto diverse: «Non poteva esser fatta migliore scelta da parte del centrosinistra per perdere questa competizione elettorale - dice - Proprio lui, che è sempre stato amico dei centri sociali, dei no-global, degli anarchici e dalla parte degli occupanti abusivi».
L'idea è che Majorino rappresenti una sinistra ideologica, un po' vecchia, che guarda al passato e guarda alla sua sinistra. Con l'unica ambizione di tenere unito il partito, e possibilmente superare il Terzo polo. Dentro il Pd, i malumori sono evidenti. Pierfrancesco Maran, che si era candidato chiedendo le primarie, si lamenta perché non c'è stata partita e il candidato è stato «nominato». Stessa cosa fa Lia Quartapelle. Ma entrambi alla fine annunciano che sosterranno Majorino. La coalizione sarà piccola o piccolissima - dipende dai 5 Stelle. Letizia Moratti in ogni caso va avanti, anche se non è riuscita a convincere il Pd a sostenerla.
E questa divisione rassicura ancor di più il centrodestra. «Nella certezza di perdere le elezioni in Lombardia - la stoccata di Gianluca Comazzi, capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale - la sinistra ha scelto il candidato meno spendibile e più sacrificabile».
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