La maledizione dell’«Unità»: con la Quercia al potere è crisi

Un piano di rilancio contestato dalla redazione che teme tagli. E torna la paura come nel ’98, l’anno della chiusura

da Milano

Su quale sia il pericolo hanno le idee molto chiare: «Non vogliamo fare la fine del Riformista o di Liberazione». Acque agitate a sinistra, non bastassero i corpo a corpo quotidiani nel governo, tira una brutta aria anche all’Unità. Da un po’ di tempo, troppo per chi deve far quadrare i conti, il giornale diessino perde copie, naviga intorno alle sessantamila e si sono accese le spie dell’allarme. E ogni qualvolta sentono puzza di bruciato, i redattori guardano verso l’uscita di sicurezza. È vero, le ferite della Grande Crisi si sono rimarginate, ma chi allora c’era in questi giorni sente tendere le cicatrici. E chi non c’era, prova i primi brividi.
E tutto questo con la sinistra al governo. Come all’inizio del Duemila. Quando il giornale che nel dopoguerra veniva letto dalle staffette comuniste agli analfabeti, andò dritto dritto verso il precipizio. Come un’automobile senza freni. Sessantamila copie a fine ’98, 123 giornalisti che si autoriducono lo stipendio, sfondata quota 50mila, la messa in liquidazione. La chiusura. Era il 28 luglio. La resurrezione nel 2001, Alessandro Dalai è il salvatore. Con una cordata, la Nie (Nuova iniziativa editoriale), presieduta oggi da Marialina Marcucci, un mese fa costretta a smentire i rumors sulle sue dimissioni, che pompa ossigeno e soldi nel motore rosso. Dove peraltro già finiscono gli oltre 6 milioni di euro annui di finanziamento statale. Così, dopo essersi fumata un paio d’anni di centrosinistra, l’Unità torna a vivere il 28 marzo del 2001. Giusto in tempo per assistere al Berlusconi bis.
E questo è il fantasma che mette paura all’Unità. Una tensione sfociata prima di Natale in una lettera (pubblicata in ultima pagina) dell’amministratore delegato di Nie Giorgio Poidomani ai «suoi» giornalisti: erano i giorni dello sciopero per il rinnovo contrattuale e Poidomani invitava i redattori a lavorare. «Il tuo povero giornale - rivolto al direttore Antonio Padellaro - può prescindere dal conto economico?». No, non può, si disse Padellaro all’edicola che però oggi assicura: «Continueremo a scioperare». Tensioni. Acuite dalla notizia che un paio di mesi fa la Nie (un cui membro del cda, Giuseppe Mazzini, è stato arrestato per una presunta frode dell’Iva di 253 milioni, inchiesta della procura di Prato) ha commissionato ad una società di consulenza, la Value Partners guidata da Giorgio Rossi Cairo, un piano industriale per il rilancio del giornale.
Le conclusioni dovrebbero essere consegnate alla proprietà, e poi al direttore, entro la fine del mese, ma le notizie filtrate hanno messo sull’attenti i giornalisti. Perplessi e preoccupati. Due stati d’animo ben rappresentati dal lungo comunicato apparso martedì sulle pagine del quotidiano diessino. Sono filtrate troppe perché i giornalisti assistessero in silenzio. La prima: secondo loro «il piano industriale sta assumendo i connotati di un piano editoriale» appaltato dunque a una società esterna: sarebbe «una grave e inaccettabile anomalia». E poi ancora. I giornalisti hanno fiutato il trappolone, l’eventualità che l’Unità vada in edicola sei giorni su sette, lunedì escluso. «Una scelta sbagliata che porterebbe al ridimensionamento del giornale» è l’altolà del comunicato firmato dal comitato di redazione e votato all’unanimità dall’assemblea. Temono la trasformazione: da giornale di informazione a giornale d’opinione. «Una nicchia di mercato già egregiamente occupata da altre testate». Appunto, dal Riformista a Liberazione: la forbice editoriale del centrosinistra, ma anche il suo parcheggio. La zona d’ombra. Ci entri e non ti muovi più. I vecchi giornalisti scrutano l’orizzonte, i tuoni del crac di inizio Duemila non si sentono, «non c’è aria di tagli, quella no. Allora finimmo nel gran calderone di un partito zavorrato dai debiti, ora abbiamo una società sana alle spalle. Ma vogliamo giocare in serie A e toglierci un giorno dall’edicola è come farci retrocedere». È un avvertimento, è un messaggio lanciato. Dice Fabio Luppino, membro del comitato di redazione: «Ci aspettiamo un rilancio del giornale e che quel documento vada in questo senso e non verso il ridimensionamento. L’Unità deve rimanere in edicola sette giorni su sette, qualsiasi altra decisione la escluderebbe dal novero dei grandi quotidiani».
L’avvertimento verso i piani alti è partito. Il direttore fa da cuscinetto: «Nel comunicato si legge una voglia di confronto aperto e costruttivo, ma anche la preoccupazione legittima. Il cdr fa il suo mestiere».

Padellaro sposa la scelta dello studio per il piano di rilancio, assicura che non si rischia di saltare il lunedì in edicola e mette la firma per un altro anno, come il 2006, a 60mila copie di vendita media quotidiana: «Ma dobbiamo essere più ambiziosi». Il parcheggio e la zona d’ombra: quindici giorni ancora e poi i fantasmi avranno una faccia.

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