Una manovra che deprime la crescita

di I provvedimenti di rigore che si annunciano riguardano una grandinata tributaria sui soliti noti, lavoratori dipendenti e pensionati delle classi medie e medio piccole, con redditi da 75mila euro lordi annui in su e proprietari di prima e seconda casa, sulla base di coefficienti catastali che, non essendo aggiornati da tempo immemorabile, privilegiano gli immobili di qualità e quelli nei centri urbani e nei siti a maggior sviluppo turistico, che hanno subito un aumento di valore molto superiore agli altri. I provvedimenti per lo sviluppo non si vedono o sono frutto di un dirigismo bancario singolare come una detrazione del 19% per chi dichiara oltre 100mila euro e investe in fondi di capitale di rischio, con esclusione di quelli immobiliari e l’affidamento in partenariato pubblico-privato di nuove carceri costruite con l’apporto delle fondazioni bancarie. Si pensa di aumentare dal 10% a una percentuale maggiore la deducibilità dell’Irap dalle imposte dirette. Si tratta di un piccolo beneficio che lascerà la pressione sulle imprese e sul lavoro pressappoco al precedente livello. C’è un credito di imposta del 12% sino a un milione di euro e del 5% al di sopra per le spese di ricerca delle imprese. C’è poi la liberalizzazione dei negozi, con possibilità di essere aperti la domenica anche in località non turistiche. Due aspirine.
Non sembra finanziato l’ex pacchetto Berlusconi delle opere pubbliche e infrastrutture del costo di 8 miliardi di euro, che ne doveva attivare una cifra più che doppia dei privati per il prossimo triennio, con effetti positivi sul nostro Pil. Pare che slitti a gennaio, nella migliore delle ipotesi. C’è anzi una marcia indietro. Per le piccole imprese si abroga la norma dello statuto delle imprese, approvata il mese scorso, che prevedeva che si potessero fare senza gara le progettazioni di opere pubbliche e i progetti di architettura per gli enti pubblici sino a 210mila euro. Da 100mila euro in su ci vorrà la gara. È ovvio che ciò limita la concorrenza degli studi professionali alle grandi imprese e alle grandi cooperative edilizie. Si stanno «studiando» innovazioni nella semplificazione degli appalti, nella partecipazione maggiore dei privati alle opere e infrastrutture pubbliche e metodi di finanziamento che, come io ho più volte suggerito, si basino su contributi pubblici ai costi di esercizio, anziché su apporti pubblici al costo del capitale, in modo da ridurre al minimo le spese pubbliche di investimento e quindi da facilitarne il finanziamento con le imposte correnti, anziché con il debito pubblico, come si è sin qui fatto. Ma si afferma che ci vuole tempo.
In cambio di questi pasticci per la politica pro crescita, una grandinata tributaria nell’Irpef che sembra aumentare di tre punti percentuali per quella del 43% che vale dai75 mila euro in su. Dai dati più recenti della Agenzia delle entrate in mio possesso risulta che nella fascia superiore tra i 150mila e i 200mila euro di reddito lordo annuo ci sono solo 71mila contribuenti, pari allo 1,7 per mille del totale dei contribuenti (41 milioni); quelli con più di 200mila euro di reddito sono altrettanti. Ma di essi, 44mila non superano i 300mila euro e solo 27mila hanno oltre 300 mila euro lordi annui. Secondo la Banca di Italia però il 5% delle famiglie dovrebbe avere almeno il 25% del reddito. Le famiglie più benestanti a occhio e croce sono oltre un milione non 140mila. È chiaro che un governo che non applica il redditometro di massa ai veri benestanti, non adotta il principio del rigore con equità, che questo governo sbandiera. Aggiungo che per la crescita sarebbe necessaria, urgente, la riforma del mercato del lavoro, ma non sembra che questo sia all’ordine del giorno.

Se al rigore, consistente nel tassare i ceti medi e la prima e la seconda casa, e nell’aumentare le rendite catastali del 15% accrescendo la loro esistente sperequazione, si fosse accompagnata una decisa politica di sviluppo, la cosa poteva essere sopportabile, dato che Angela Merkel sta sull’uscio della nostra abitazione, minacciandoci con lo spread, che crea problemi a tutti. Ma la contropartita non c’è e non c’è neppure l’equità.

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