Mese corto alle Camere, luce verde da Marini

Forza Italia: «Il timore è che Prodi voglia governare a colpi di decreto»

Adalberto Signore

da Roma

Nella Casa delle libertà lo chiamano «mese corto», nell’Unione la definiscono più elegantemente «razionalizzazione del calendario» dei lavori parlamentari. Che non solo Fausto Bertinotti, ma pure Franco Marini pare vedere di buon occhio. Diverbi semantici a parte, l’idea è quella di ridurre a tre le settimane lavorative mensili di deputati e senatori. Per «imbavagliare il Parlamento» e «governare a colpi di decreto», attacca il centrodestra. Per «permettere ai parlamentari eletti all’estero di occuparsi del loro collegio», ribatte il centrosinistra.
La questione, sollevata giovedì dal Giornale, «non è ancora stata discussa nelle sedi ufficiali», spiega il presidente del Senato Marini durante la festa del Sacro Cuore all’università Cattolica di Roma. Ma, anche se fosse, «non sarebbe una cosa di cui scandalizzarsi». Perché bisogna «avere un occhio per le esigenze di tutti» e la questione «posta dagli eletti all’estero» è «un problema reale». Secondo Marini - che nel suo intervento alla Cattolica molto spazio dedica all’importanza della «conquista graduale del miglioramento delle condizioni di vita» e al superamento del «Moloch dell’uomo al servizio dell’economia» che imperava con l’ultraliberismo di appena quindici anni fa - «il problema può risolversi senza ridurre le giornate di attività delle assemblee» perché «si possono concentrare i momenti delle decisioni e delle votazioni». Il «modello» a cui guardare, dunque, è «quello del Parlamento europeo» dove «si è studiato il modo» per «concentrare le giornate di votazione». Insomma, la questione «non è ridurre il tempo di lavoro» di Camera e Senato «quanto quello di cercare di organizzarle al meglio con un occhio alle esigenze di tutti». E questo, conclude Marini, «penso che non sia uno scandalo».
Parole, quelle del presidente del Senato, che confermano l’intenzione dell’Unione ad andare avanti nel progetto. «Stiamo ragionando - spiega il vicecapogruppo dell’Ulivo Nicola Latorre - su come razionalizzare al meglio il lavoro di Palazzo Madama per garantire il massimo della funzionalità e dell’efficienza. Concretamente, questo significa che possiamo riuscire a organizzare il lavoro istruttorio delle commissioni, conciliandolo con il lavoro dell’assemblea». Secondo l’esponente dei Ds, peraltro, l’esigenza di dedicare più tempo ai rapporti con il collegio «vale non solo per gli eletti all’estero ma anche per i parlamentari nazionali». Insomma, «anche a causa della legge elettorale che riduce drasticamente il rapporto con gli elettori, non sarebbe sbagliato riservare uno spazio adeguato anche a questa esigenza».
Nella Casa delle libertà, però, si fa sempre più forte il sospetto che l’operazione «razionalizzazione» abbia come primo obiettivo quello di ridurre al minimo le occasioni in cui la maggioranza potrebbe andare sotto. Ragionamento che vale soprattutto per Palazzo Madama dove l’Unione può contare solo su pochi voti di vantaggio. Per Elio Vito «il timore è che Prodi voglia governare con decreti legge, voti di fiducia e atti amministrativi per evitare il confronto parlamentare». «È singolare - attacca il capogruppo di Forza Italia alla Camera - proporre che il Parlamento lavori tre settimane al mese. È una richiesta strana e antiparlamentare». Critico anche Francesco D’Onofrio, capogruppo dell’Udc al Senato. «Leggo tra la sorpresa e la risata - ironizza - che Prodi consentirebbe che la Camera e il Senato deliberino di riunirsi per pochi giorni al mese.

È bene che Prodi ed i presidenti delle Camere sappiano che il Parlamento non si fa imbavagliare». E ancora: «Possono persino prevedere un solo giorno di lavoro al mese (cittadini permettendo), ma non possono impedire che si sia in grado di dimostrare che questo governo non può durare».

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