Mette in bottiglia l’acqua di New York la vende ai newyorkesi e diventa ricco Arriva dai rubinetti ma molti sono disposti a comprarla. Così Craig Zucker, 26 anni, ci ha fatto un business. E ha «piazzato» 50mila confezioni in sei mesi

Sarà la crisi, o sarà che l’acqua di New York - quella del sindaco, che esce dai rubinetti delle case della Grande Mela - è controllatissima e molti la trovano eccellente. Sarà che è così fresca che nel 2007 l’Agenzia per la protezione ambientale ha detto che non serviva nemmeno filtrarla. Eppure, che i newyorkesi fossero disposti a pagare, oltre alla bolletta dell’acqua, anche per comprarla imbottigliata, non lo avrebbe detto nessuno. O quasi, visto che Craig Zucker, il fondatore di Tap’d NY (Tap significa rubinetto, ndr), ci ha scommesso. E la sua scommessa sembra averla già vinta.
«Non richiede energia né pompaggio - ha spiegato Zucker -. È fresca e pulita». E soprattutto, in meno di sei mesi, ne ha già venduto 50mila bottigliette, a un dollaro e mezzo ciascuna, grazie ad una rete di 75 fra negozi, bar e ristoranti che hanno deciso di venderla. «È più economica... E poi mi piace l’idea di bere la mia stessa acqua in bottiglia», ha raccontato al Los Angeles Times Alison Szeli, un’insegnante di 26 anni. Che, come molti altri newyorkesi, sembra aver apprezzato un’idea così semplice. Nata, guarda caso, in un ristorante. «Era il 2007 e stavo cenando con un amico - ha spiegato al quotidiano losangelino il giovane imprenditore -. Ci hanno servito un bicchiere d’acqua di rubinetto ghiacciata e ci siamo messi a discutere del perché l’acqua di New York fosse così buona». Il perché è presto detto: viene da 19 riserve e 3 laghi naturali, lontani fino a 250 chilometri dalla città, e la maggior parte è protetta e filtrata dallo stesso ecosistema che si è formato, che la arricchisce di sali minerali lungo il percorso. «Avevo letto da poco che un ristorante di Berkeley aveva bandito le bottiglie d’acqua, per servire solo quella di rubinetto. E così ho pensato: qualcuno dovrebbe imbottigliare quella di New York».
Detto-fatto. Assieme a un partner ha affittato un magazzino a Brooklyn, noleggiato un’autocisterna da 5.300 galloni, assunto un autista per guidarla e contattato un impianto per l’imbottigliamento nel New Jersey, appena 20 chilometri fuori dalla città. E poi, giocando sul fatto che l’acqua della Grande Mela è particolarmente “verde”, visto che arriva in città principalmente grazie alla gravità, ha pensato di sfruttare la coscienza ambientalista di molti cittadini. «Semplicemente non credo che l’acqua debba arrivare dalla Francia o dalla costa occidentale. Così si risparmiano molte spese di trasporto, ed eliminando camion e aerei si dà anche una mano all’ambiente». È anche per questo che non intende espandere di molto il suo business. «L’idea è di rimanere sul mercato locale - ha detto -. Abbiamo ricevuto un po’ di proposte, soprattutto dall’estero, ma le abbiamo rifiutate. Accettarle avrebbe significato perdere parte del senso dell’operazione». Ma a New York, Zucker punta a diventare il leader. E a farlo entro la fine dell’anno, stringendo accordi coi supermercati e con altri negozi, ma anche facendosi pubblicità porta a porta.
«D’altra parte - ha chiosato Michael Saucier, portavoce del dipartimento Ambiente - l’acqua della città ha dimostrato di avere un gusto più gradevole di quella di altri 150 municipi dello Stato in un test fatto la scorsa estate».

Peccato che New York non sia di certo famosa per essere ricca di fontanelle lungo le sue trafficatissime strade e che, per gustarsi quest’acqua fuori casa, ci fosse bisogno di qualcuno che pensasse ad imbottigliarla. Almeno fino a quando i newyorkesi non penseranno che, in fondo, possono anche farlo da sé.

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