Mezzo milione di vaffa per Prodi

A Roma imponente manifestazione di An per chiedere le dimissioni del governo dell’Unione, meno tasse e città più sicure. Fini rilancia il Polo: "Uniti si torna al governo". Prodi piange: "insulti". Il ritorno di Alessandra: "Basta litigare". La madre dei Circoli non si vede: è giallo

Mezzo milione di vaffa per Prodi

Roma - "Bamboccioni ce sarete!" irrideva un lenzuolone giallo largo ed alto svariati metri, l’ultimo ad avercela fatta a conquistare un posto sui Fori Imperiali, mentre gli altoparlanti spandevano la voce di Andrea Ronchi, laggiù sul palco all’ombra del Colosseo, che festante annunciava: «È ufficiale,siamo più di 500mila, mezzo milione di italiani che danno lo sfratto a Prodi». Ma sì, bamboccioni saran piuttosto quelle testoline con tanto di gorgiera seicentesca che spiccavano sotto la scritta, Romano Prodi serio, Tommaso Padoa-Schioppa allegro come una pasqua, Fabio Mussi stralunato e la Giovanna Melandri svagata, o forse «siamo tutti bamboccioni» come scandivano sempre laggiù, sotto il palco dei discorsi.

Erano le 18 di ieri, il sole tramontava dietro una nuvola inondando di raggi il Vittoriano come nelle cartoline d’antan, la coda del corteo partito da San Giovanni premeva per superare almeno la congiunzione con Via Cavour, ancora ingombra di quello mosso dall’Esedra. I cronisti sono abituati agli spari di cifre che accompagnano lemanifestazioni di ogni colore, ma il mezzo milione rivendicato da An ieri sera nonè esagerato, anzi appare sbagliato perdifetto. Vada comunque per 500mila, portati in piazza dalla destra, alla vigilia delle primarie di Walter Veltroni e senza il battage mediatico che ha gonfiato la campagna del campione di centrosinistra.

Mezzo milione di uomini, donne e tanti giovani,nonvoti chepuoi moltiplicare come pani e pesci. Mezzo milione contro le tasse, per la sicurezza, e per «elezioni subito» come invocava il primo striscione chehafatto ingresso su Via dei Fori Imperiali. Oddio, il primo... In verità la testa del corteo se la son presa quelli di Azione Sociale, con lo stendardo inneggiante a Mussolini scritto con caratteri cubitali e Alessandra piccolo piccolo. Vuoi metterti a litigare, proprio ora che l’Alessandra ha annunciato sorridente il «siamo tutti uniti» e Gianfranco Fini garantisceuna«manifestazione aperta a tutti», verso il Colosseo sta sfilando «il popolo delle libertà»?

Quelli di An han lasciato andare il gruppetto, al quale s’è associato qualche croce celtica, e dopo una cinquantina di metri si son mossi massicciamente. «Li abbiamo isolati davanti», spiegava con sufficienza l’onorevole Fabio Rampelli, ignorando il controsenso, mentre dal marciapiede un tizio apostrofava Alemanno, «a Gia’, dicce quarcosa de destra», e quello rispondeva ridendo: «La dirò dal palco, nel discorso » - dovrebbe dunqueessere che «si vince affermando la nostra identità» - mentre Ignazio La Russa, alla stessa «provocazione» ha risposto intonando al megafono uno stonatissimo Fratelli d’Italia. Rituali anche un po’ scontati, con Fini che passava da San Giovanni all’Esedra sul sellino posteriore di una moto come alla manifestazione del 2 dicembre. Slogan in verità non molto sorprendenti, «coraggio, coraggio, Prodi è di passaggio», «Prodi pupazzo, esci dal palazzo», mentre raggiungevano la vivacità quelli irriferibili che finivano in ...glioni o ...ulo. Ma grande e forte l’allegria di chi è sceso dal Nord o è salito dalla Sicilia per sfilare e manifestare con Fini e An contro il governo e il centrosinistra.

Dietro uno striscione che recita «Prodi lascia ilcampo» c’è pure Daniela Fini, che dietro i Ray Ban risponde secca e dignitosa: «Sono qui come militante», mentre un furgone alle sue spalle sparge fumogeni tricolore e spara a mille watt Sole che sorgi libero e giocondo. Ci sono i «bamboccioni alla riscossa » di Latina con lo striscione che rivendica il nome originario della loro città, Littoria. C’è pure la «Destra veneta dei non udenti», che applaude agitando le mani al cielo. Non manca quello che con la sinistra agita il vessillo biancazzurro diAne alza la destra nel saluto romano, subito ripreso, «sta’ attento, se ti vede il federale...». Passa il gruppone degli abruzzesi, un po’ sbandati, e il capomanipolo li sprona all’ordine col megafono, «a sinistra, a sinistra!». Proprio a sinistra?, lo stuzzicaun cronista. «Lascia perdere, noi siamo la destra sociale », risponde quello.

Da San Giovanni arriva un serpentone tricolore lungo 500 metri, «tessitura unica» garantiscono gli artefici, che ondeggia e si muove per mille mani. «Povera patria», piange un sudario appeso a palloni e tenuto a freno dal circolo di Colle Oppio. E poi carretti che affettano una mortadella lunga tre metri, il pattuglione dei sindaci in fascia tricolore che corre alla bersagliera per non restare lontani dal palco,magliette che avvertono come «il diavolo veste Prodi», i tassinari romani in autocolonna che vogliono portare il premier a casa, quelli di Azione Giovani che indomiti gridano ancora «Europa, nazione, ri-vo-luzione».

C’è pure un vero carretto siciliano, col baio perfettamente addobbato, che ha viaggiato in nave e in camion. «Più Rom che Romani», lamenta An del Portuense. C’è insomma la destra, che sfoggia la sua forza e la sua capacità organizzativa, e che rivendica con orgoglio la propria identità. Davantiatutti, avversari ed alleati.

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