Il Milan a San Siro non sa più vincere Galliani accusa l’arbitro

Il Torino incrementa la striscia negativa rossonera al Meazza: 6 gare, 2 sconfitte, 4 pari, solo 3 gol. La denuncia di Adriano Galliani è pesantissima: «A questo punto non capisco più cosa stia succedendo nel mondo arbitrale italiano, che cosa vogliano far pagare al Milan, per quale motivo si ripetano errori a nostro sfavore. Non è assolutamente proibito, per regolamento, vincere 1-0 su calcio di rigore. Come ha fatto Tagliavento a non fischiarlo?"

Il Milan a San Siro non sa più vincere Galliani accusa l’arbitro

da Milano

Che preparino una macumba, quelli del Milan. La doppia vita continua e con la doppia vita continua la maledizione di San Siro. Come ripetiamo da qualche tempo, è la conseguenza non di stregonerie particolari né di abilità specialissima da parte dei rivali di turno ma di un limite tecnico, essenziale che viene fuori in modo trasparente nelle sfide domestiche. La fatica cioè a far gol, ad aprire le scatole delle difese, e a lavorare di conseguenza sul velluto come invece accade nei viaggi fuori casa. Perciò matura alla sesta giornata un’altra delusione per il Milan rimesso in carreggiata dalla goleada di Marassi. È uno zero a zero che ripropone i limiti e le polemiche di sempre. Solo tre gol raccolti in sei partite milanesi e una serie di «sfavori» arbitrali.

Su questi ultimi la denuncia di Adriano Galliani è pesantissima: «A questo punto non capisco più cosa stia succedendo nel mondo arbitrale italiano, che cosa vogliano far pagare al Milan, per quale motivo si ripetano errori a nostro sfavore. Non è assolutamente proibito, per regolamento, vincere 1-0 su calcio di rigore. Come ha fatto Tagliavento a non fischiarlo?».
Ma non si può comunque nascondere la sterilità offensiva a San Siro, ed ecco i due errori di Gilardino, centravanti recuperato a tutti gli effetti e messo nelle condizioni ideali di farsi acclamare dal popolo rossonero dopo meno di venti minuti. È Seedorf a scartargli due cioccolatini davanti a Sereni: ci vuole piede caldo e testa fredda e invece il ragazzo di Biella una volta centra la sagoma del portiere torinista, un’altra prende col sinistro una mira sgangherata e ripete la prodezza negativa. Dev’essere il Toro che non gli porta buono: l’anno passato sbavò sul palo un rigore. Succede, si dice spesso ma è invece questo il vero, autentico limite del Milan di questa stagione. E il Toro, coraggioso, non si procura l’accesso al contropiede velenoso solo perché Di Michele predica, da solo, in un deserto.


Se il Milan avesse avuto a sua disposizione nel recentissimo passato un centravanti normale, non Van Basten, sarebbe subito dietro l’Inter. E l’aggettivo normale sta anche per Ronaldo, non quello in formato extra-large ma il fuoriclasse del gol capace di trascinare, quasi da solo, nel primo semestre del 2007 i berlusconiani al quarto posto. Uno degli effetti visibili di questa lacuna è la prova di Kakà, il quale punta la porta e tira appena entra in possesso del pallone nei venti metri finali. Firma una, due, tre, cinque volte esecuzioni di ogni tipo, piazzando il destro o il sinistro riuscendo solo a sfiorare il bersaglio granata.

Il Torino resta 15-20 minuti sotto ipnosi dinanzi alle triangolazioni orchestrate dal tandem delle meraviglie, Seedorf e Kakà cioè, prima di destarsi e di mettere a profitto gli spazi che il Milan concede nel portare gli attacchi massicci, scanditi da un paio di punizioni di Pirlo.
L’assedio, nella ripresa, diventa molto più caotico e affannoso da parte del Milan. Perde lucidità e anche precisione, com’è naturale che sia mentre negli spazi il Toro organizza il suo contropiede che si infrange sugli scogli di una difesa non molto affidabile.
È vero, c’è l’ennesima protesta rossonera da mettere nel conto dell’arbitro (spinta netta e decisa di Natali su Ambrosini in area): sull’argomento Galliani apre un nuovo capitolo di una polemica rovente contro Collina il designatore. Ma neanche Inzaghi, subentrato a Brocchi, riesce a schiodare il risultato di parità, lanciato in un’azione che ricalca la sua seconda perla ateniese. Nemmeno Pirlo ha fortuna su una respinta corta della difesa granata, rinsaldata nel finale attorno a Di Loreto, sostituto di Natali uscito in barella. Combinano poco, molto poco, Serginho e Gourcuff che a Genova fecero sfracelli sui resti di una Samp sbrindellata.

Non ci sono più

neanche fischi, da parte del pubblico, ormai senza più reazione, ma solo una gigantesca delusione. E prende corpo il deficit clamoroso: quarto pareggio, dopo due sconfitte, un solo gol su azione (Seedorf). Chi può, intervenga.

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