Gli alberghi chiudono i piani e i locali perdono tre milioni

Il grido di allarme dei gestori e dei ristoranti svuotati Galli: in Galleria il 50% in meno, se continua chiuderò

Gli alberghi chiudono i piani e i locali perdono tre milioni

Il luogo simbolo dell'effetto Coronavirus sull'economia milanese è Galleria Vittorio Emanuele, al crocevia tra il Teatro alla Scala (chiuso dall'ordinanza regionale almeno fino a domenica, poi si vedrà), il Duomo e i musei di Palazzo Reale (chiusi) e il cinema Odeon (chiuso). «Sembra di vivere in un incubo - si sfoga il presidente dell'associazione il Salotto Pier Galli, parlando soprattutto da imprenditore del ristorante storico Galleria -. Le presenze sono calate almeno del 50%, chi aveva prenotato tavoli per il dopo Scala ovviamente li cancella, ricevo telefonate continue, tante prenotazioni erano legate a fiere e congressi che sono stati annullati. La situazione è brutta e se da lunedì la situazione non dovesse normalizzarsi valuteremo se rimanere aperti. Mi chiedo se il nostro sistema non sia stato eccessivo nelle comunicazioni e altri Paesi più abbottonati». In corso Buenos Aires i negozi registrano un trenta per cento in meno di incassi. Il presidente di Ascobaires-Confcommercio Gabriel Meghnagi sottolinea che «di giorno in giorno è peggio, la città è dormiente, si è messo troppa paura alla gente e le strade sono deserte». Buenos Aires non è una zona della movida ma anche i bar dopo le 18 devono abbassare la cler perchè scatta il coprifuoco per i locali che abbiano anche servizio ristorante: «Se i ristoranti possono lavorare non si comprende la stretta sui bar» ammette.

Poco distante, in via Plinio, c'è un'istituzione dell'aperitivo milanese, il Bar Basso che si adegua alla chiusura dopo le 18 ma protesta: «Un provvedimento francamente esagerato». L'altro indirizzo clou è il Bar Jamaica in zona che «non ha chiuso neanche sotto i bombardamenti e non lo farà per l'isteria collettiva». Il locale rientra nella categoria «ristobar», possono lavorare anche la sera ma il servizio drink è aperto solo a chi cena. E chissà se i vigili si metteranno a controllare seriamente se i clienti consumano solo uno spritz. Lunedì sera, raccontava ieri Vittoria Mainini il Jamaica è rimasto aperto «ma dire che abbiamo lavorato è una barzelletta, non c'era nessuno. É una follia, hanno creato il panico, anche il mio personale è spaventato. Gli altri Paesi europei non hanno preso simili misure e non credo che siano messi meglio di noi». E poi, pause pranzo al bar sì, spritz la sera no: «Il virus si prende di notte?». All'Arco della Pace i locali che normalmente la sera «girano» per l'aperitivo e non tanto per la cena rimarcano che sono ristoranti, quindi aperti e anche lì chissà se i ghisa faranno poi indagini approfondite. Secondo Alfredo Zini, presidente del Club Imprese storiche, «è chiaro che poi si creino zone grigie, chi ha la cucina deve servire drink solo a chi ordina la cena ma bastava sospendere e dire andavano sospesi i banchi del cibo promiscuo, l'accompagnamento all'aperitivo si serve al tavolo». Epam-Confcommercio calcola un calo medio del 45-50% per i pubblici esercizi, circa 3 milioni di euro di euro al giorno per il settore. Maurizio Naro, presidente Apam (Associazione albergatori Milano), riferisce che le prenotazioni cancellate per la settimana in corso sono già a quota 50% e dell'altra metà «il 30/40% riguarda convenzioni aziendali, temiamo altre chiamate perchè sono saltate fiere ed eventi. Gli hotel milanesi stanno prendendo decisioni importanti, far prendere permessi e ferie ai dipendenti, chiudere alcuni piani o, le strutture più piccole, chiudere del tutto.

Milano sta subendo un impatto ancora più negativo delle zone rosse, chiediamo che gli aiuti fiscali o i sostegni al reddito del governo siano estesi. E una volta superata l'emergenza si dovrà investire pesantemente sulla rcostruzione della fiducia all'estero».

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