Gli anni Sessanta, la mania del Pop e quegli italiani che guardavano a Warhol

I pittori protagonisti della Dolce vita in un percorso curato dalla Pontiggia

Gli anni Sessanta, la mania del Pop e quegli italiani che guardavano a Warhol

«Noi milanesi siamo bravissimi a non difendere gli artisti che lavorano qui. Per fortuna nostra, loro amano comunque questa città». Elena Pontiggia, storica dell'arte, non fa sconti nel presentare la mostra «Milano Pop», che apre oggi nello spazio espositivo di Palazzo Lombardia, al primo piano nel blocco 2 del complesso della Regione in via Galvani 27. L'esposizione s'inserisce nel movimentato periodo di inaugurazioni della Milano Art Week e prosegue fino al 29 maggio. Anche gli anni Sessanta e Settanta nei protagonisti di questa mostra erano vivaci «ma gli artisti che scelgono di stare sotto la Madonnina in quel periodo ne colgono tutte le criticità» specifica ancora la Pontiggia.

Da Valerio Adami e i suoi scorci colorati e forti, che sembrano delle invasioni nella privacy delle persone. Ad Enrico Baj, con le sue cravatte colorate, passando per Gianni Bertini e le sue figure apparentemente felici, ma che hanno un'aria inquieta e spettrale. Fino alle critiche, velate d'ironia, dei quadri di Silvio Pasotti che rappresenta una lavatrice da cui strabordano non solo vestiti ma anche dischi, fotografie e altri oggetti. E ancora Sergio Sarri, che s'ispira a temi politici e sociali, come Umberto Mariani, Fernando De Filippi e Giangiacomo Spadari, di cui è esposta un'inedita metropolitana del 1973. Se Emilio Tadini è dal sapore metafisico e visionario, Paolo Baratella è più esplicito nelle critiche sociali, seppur con quadri simbolici.

«Negli anni Sessanta cambia tutto - commenta De Filippi presente all'apertura della mostra -. Sono opere che hanno una forte carica emotiva». Una Pop art più raffinata rispetto a quella americana e anche diversa da quella romana: «Noi qui eravamo arrabbiati, mentre nella Capitale scorreva la Dolce vita - dice Sarri -. Cambiava tutto, anche tecnicamente. In quegli anni sono stato negli Stati Uniti e sono tornato con i colori in acrilico, li ho scoperti là». I linguaggi si mischiano con più facilità: «Trovavamo la nostra verità nel cinema e nel fumetto - continua Sarri -. Fuori c'erano solo macerie e distruzione».

Una cinquantina di lavori che raccontano, anche grazie al confronto con alcuni dei protagonisti romani come Mario Schifano e Mimmo Rotella, un mondo milanese attivo e anche antecedente al 1964, anno in cui alla Biennale di Venezia si presenta la Pop Art.

Da mercoledì alla Galleria Robilant + Voena la mostra «Cinema Pop» accompagna «Milano Pop» con una trentina di lavori di Sarri e Spadari, entrambi attenti alle modalità espressive del cinema come spunto pittorico.

Info: www.facebook.com/MostraMilanoPop

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