"Aspettiamo il picco. Servono le terze dosi per uscire dal tunnel"

Il direttore di Malattie infettive di Niguarda. "Più immunità per convivere con il virus"

"Aspettiamo il picco. Servono le terze dosi per uscire dal tunnel"

Massimo Puoti direttore del reparto di Malattie infettive dell'ospedale Niguarda un anno fa ci trovavamo con migliaia di contagi e centinaia di persone in quarantena. Non è cambiato nulla?

«Sì, molto invece: intanto il vero confronto va fatto con novembre del 2020, perché a dicembre arrivavamo dalla fine di un breve lockdown, ma voglio ricordare che il numero da tenere d'occhio è la situazione dei ricoveri, e non dei positivi. Il 30 novembre 2020, per capirci, si registravano 407.791 contagi con 8.839 ricoveri di cui 906 in terapia intensiva. Ieri a fronte di un picco di 39mila nuovi positivi e 289.825 domiciliati erano 1.831 i ricoveri, di cui 204 in terapia intensiva. Come si vede non c'è paragone».

Nel mezzo ci sono i vaccini, però quello che si percepisce ora è che un milanese su 18 è chiuso in casa...

«Come noto il vaccino protegge da ricovero, malattia grave e decesso, mentre è meno efficace nel diminuire il contagio, anche se abbiamo visto la buona tenuta con la terza dose. Dopo 4 mesi la copertura vaccinale scende molto. Ricordo che se non ci fossero stati i vaccini, ora saremmo davvero in una situazione disperata a fronte del numero impressionante di positivi attuali».

C'è anche da dire che la variante omicron non sembra essere molto patogena, per cui chi si ammala non sta male...

«C'è chi ha parlato, come Guido Silvestri, di raffreddorizzazione del virus».

Che significa?

«Chi ha fatto 3 dosi o si è vaccinato da meno di 4 mesi risente di un'infezione delle vie respiratorie neanche delle peggiori».

Quando finirà questa ondata?

«In Sudafrica sta diminuendo ora, dopo 24 giorni dall'inizio dell'impennata dei casi, che da noi si potrebbe calcolare il 10 dicembre circa. Possiamo aspettarci un rallentamento verso fine mese. Anche se il paragone con il Sudafrica ha molti limiti, a partire dal clima: lì sta per iniziare l'estate».

Alcuni suoi colleghi si aspettano il picco della quarta ondata verso metà gennaio con la ripresa delle attività e le conseguenze di visite, feste e vacanze. Concorda?

«Sì, anche io credo che il peggio debba ancora arrivare».

L'eliminazione della quarantena per i vaccinati non rischia di allargare le maglie del contagio, come ha suggerito più di un virologo?

«È una decisione politica, frutto di un compromesso: non bloccare il Paese e ridurre il contagio. Credo anche che finché le terze dose si attestano sul 60 per cento non possiamo pretendere di più, una volta che l'80 per cento dei cittadini almeno avrà fatto il richiamo, potremo immaginarci una situazione migliore».

Il numero altissimo di contagi è legato anche al numero di tamponi, mai ne erano stati fatti tanti. C'è tra i suoi colleghi chi parla di psicosi da tampone o di tampone lasciapassare per le feste...

«È vero, ma le persone lo hanno fatto per proteggere gli altri, quindi non credo si possano criticare, anzi. Il tema è che sono diffusi sul mercato troppi kit fai da te che sicuramente non sono affidabili. E poi la mancanza di regole chiare e certe sulle situazioni in cui è necessario farli».

Il governo ora sta pensando all'obbligo vaccinale: il problema di questa pandemia sono i non vaccinati?

«Sicuramente chi occupa i letti nei reparti, soprattutto delle terapie intensive, sono i non vaccinati».

Com'è la situazione a Niguarda? L'ospedale è sotto stress?

«Stiamo cercando di far fronte alla pressione sull'ospedale, abbiamo aperto un reparto per sub acuti Covid ovvero malati che non necessitano di cure intensive, ma devono rimanere ancora ricoverati. Così anche la terapia intensiva è in sofferenza».

Il pronto soccorso?

«Anche il pronto soccorso è sotto pressione: arrivano decine e decine di pazienti al giorno, la maggior parte dei positivi poi non viene ricoverato ma mandato a casa con una terapia (anche di monoclonali), ma ci sono anche gli altri malati. Fino a Natale abbiamo avuto il doppia ondata di malati: Covid e non, che riprenderà con il rientro dei milanesi».

Com'è la situazione dei ricoveri dei bambini nel vostro ospedale?

«Come reparto di malattie infettive al momento non ci è stata chiesta alcuna consulenza da Pediatria per situazioni gravi. Teniamo conto però che il picco deve ancora arrivare».

Prevede una fine della pandemia?

«Bella domanda! Impossibile dirlo. Vediamo però dei segnali positivi di cambiamento del virus come la raffreddorizzazione».

È presto per parlare di convivenza con il virus?

«Sì, bisognerà che almeno l'85 per cento delle persone siano vaccinate da meno di 4 mesi o abbiano fatto il richiamo, per potere immaginare uno scenario del genere».

È preoccupato per gennaio?

«Si anche perché il sistema ospedaliero è al collasso».

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