Balzani, «continuità» di salotti, banche e dame vip

di Carlo Maria Lomartire«Punto avanti»: perbacco, e dove sennò, «di fianco», «indietro»? Lo slogan scelto da Francesca Balzani per lanciare la sua campagna di comunicazione in vista delle primarie del centrosinistra è talmente banale e quasi ovvia, che viene da chiedersi perché mai non l'abbia consigliata meglio qualcuna delle 130 «personalità» che hanno firmato un appello in suo favore, tutte esponenti della cosiddetta intellighenzia milanese. Ma forse perché non necessariamente e non sempre intellighenzia significa intelligenza. Quello però che risulta evidente, scorrendo quell'elenco, è che i supporter della candidatura di Balzani, lanciata dal sindaco uscente contro quella «renziana» di Giuseppe Sala, sono praticamente gli stessi che nel 2011 hanno messo in campo Giuliano Pisapia. Si tratta, insomma, dello stesso elegante e salottiero club editorial-bancario, della stessa congrega di ricchi e famosi: maghi della finanza, avvocati di grido, raffinati editori, giornalisti di fama o figli di giornalisti di fama, economisti liberisti bocconiani, dame ecologiste miliardarie, gente con due o tre cognomi, intellettuali, attori impegnati, qualche ex o emerito qualcosa, milionari vari. Perché questo è oggi la sinistra milanese: non «di classe» come si sarebbe detto una volta in senso marxiano, ma di gran classe, gente giusta e raffinata. Una sinistra in cachemire, versione meneghina di quella che per i francesi è la gauche caviar, la sinistra al caviale. Ma in fondo che si tratti della stessa sofisticata compagnia di giro che a suo tempo schierò Pisapia contro Letizia Morati - vincendo solo perché molti elettori di centrodestra non andarono a votare non deve meravigliare, giacché sia il sindaco uscente che l'ha messa in pista sia la stessa Balzani definiscono la sua candidatura «nel segno della continuità». Continuità di cosa, poi, non è chiaro, visto che il quinquennio di Pisapia, trascorso nel segno della più grigia banalità, non lascia alcuna testimonianza apprezzabile e che il prossimo sindaco troverà la sua scrivania a palazzo Marino assolutamente sgombra e i cassetti desolatamente vuoti: non un importante progetto avviato, non un lavoro iniziato, neppure, ad esempio, una nuova linea della metropolitana progettata. Dunque la continuità del nulla.Se è vero che la candidatura di Sala ha una forte connotazione tecnocratica, quella della Balzani ha un marcato carattere aristocratico e plutocratico e per questo già piace molto ai giornaloni: non è una questione di spazio dedicato all'uno o all'altra, ma di toni, di atteggiamenti dai quali si evince una propensione forse involontaria ma infine evidente. Balzani, battendo ogni record di faccia tosta, ha un bel dichiarare «non sono la favorita di Pisapia», ma sa per certo di essere la favorita di chi ha sostenuto Pisapia già nelle primarie contro Boeri e perciò di poter contare sullo stesso consenso editorial-bancario di cui godette il suo mentore. Anche per questo Sala non può stare tranquillo, non può essere ottimista sull'esito della competizione interna alla sinistra, tanto più se il terzo incomodo senza speranze Pierfrancesco Majorino decidesse alla fine di schierarsi con Balzani.

Infatti dovrebbe ormai essere chiaro per tutti, dopo le esperienze di Milano e Roma, Genova e Napoli, Bari e Palermo, che alla primarie della sinistra è favorito il candidato più a sinistra, quello più eterogeno e alieno rispetto al Pd, perché può contare su elettori più impegnati, rigorosi e militanti: quelli, insomma, che certamente e disciplinatamente vanno a votare anche alle primarie. Anche per questo Sala insiste in modo un po' patetico con quel «sono sempre stato di sinistra».

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