Benedizione di Scola agli sportivi «Vincete, ma imparate a perdere»

Benedizione di Scola agli sportivi «Vincete, ma imparate a perdere»

Lo sport non ha un santo protettore: è questa la curiosità che ha stupito perfino il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, la più grande del mondo, che ieri sera ha voluto incontrare i presidenti delle federazioni del Coni per lo scambio degli auguri natalizi. Senza protezione divina lo sport rischia grosso, ma è stato lo stesso Cardinale a rassicurare che «lassù qualcuno ci ama», salvo poi trovare il santo protettore, in questa ricerca aiutato dai suoi assistenti e in particolare da don Alessio Albertini, fratello del grande ex rossonero e ora segretario della Commissione Diocesana per lo sport, nell'apostolo delle genti, quel Saulo di Tarso divenuto poi San Paolo.
Era la seconda volta che il cardinale Scola festeggiava il Natale degli sportivi: un anno fa, appena insidiato dopo l'addio di Dionigi Tettamanzi, aveva incontrato i vertici delle federazioni al Palasport di Monza. Questa volta invece la sede è quella tradizionale, azzardato definirla istituzionale, l'Arcivescovado, all'ombra della Madonnina.
L'intenzione dell'Arcivescovo era quella di approfondire un legame significativo, nel segno della cordialità, dell'impegno e della fede con chi conosce e guida la pratica di migliaia di sportivi ad ogni livello. Intenzione pienamente riuscita, grazie anche alla grande platea che l'ha ascoltato. A cominciare dal presidente regionale del Coni Pier Luigi Marzorati che ha presentato i numeri dello sport in Lombardia: oltre 10.000 società, 80.000 dirigenti, 35.000 tecnici, 850.000 atleti, rimarcando pure l'importanza della Chiesa con i suoi 1.100 oratori. Una marea di sportivi, come ha fatto rimarcare anche Massimo Achini, presidente del CSI organizzatore dell'incontro e componente della Giunta Coni nazionale che ha rimarcato la sfida educativa della Chiesa e ha citato Scola come «nostro allenatore, nostro mister». Ma è stato l'intervento del cardinale a colpire i presenti: «Voi sportivi avete da svolgere un compito delicato come l'esperienza educativa esige venga svolto», rimarcando poi la frase coniata nell'antica Roma: mens sana in corpore sano, per arrivare all'educazione dell'io attraverso lo sport che deve avere carattere di integralità.
Parole di fede e di speranza, ma anche di grande logicità e fermezza, riferite in particolare ai dirigenti che svolgono l'importante compito di educatori: «Agli atleti dobbiamo proporre uno sguardo sulla vita e far capire loro, anche attraverso la scuola, il senso della vita».
Per poi attaccare, in senso buono ovviamente, il famoso detto decoubertiniano: «Occorre finirla con l'importante è partecipare, per vincere bisogna partecipare e si partecipa per vincere. E per vincere bisogna anche imparare a perdere» ed esaltare l'importanza della squadra.

E il santo protettore esce solo alla fine, col Cardinale stupefatto che in passato non ne sia mai stato scelto uno: ecco allora San Paolo, il favorito, ma anche il beato Giovanni Paolo II (sponsorizzato da don Alessio): una bella gara sportiva tra due grandi, destinata a non avere vincitori.

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