Centri sociali, caos al corteo La Procura: «Nulla di grave»

Centri sociali, caos al corteo La Procura: «Nulla di grave»

Da un lato ci sono le richieste di condanna: sei, a pene fino a un anno e cinque mesi di reclusione. Dall'altro, quelle di archiviazione: quattro. Nel mezzo, una lettura piuttosto morbida da parte del pm di quanto accadde ormai cinque anni fa, quando un gruppo di autonomi diede vita a un'accesa (eufemismo) manifestazione contro lo sgombero del centro sociale Cox 18, il «Conchetta». Traffico bloccato, agenti aggrediti (e uno ferito alle costole), il furto di qualche capo d'abbigliamento in un negozio seguito dalle minacce all'addetto alla sicurezza, cartelloni pubblicitari divelti, fumogeni e tutto il corredo di insulti alle forze dell'ordine. Visione indulgente non tanto per il fatto di aver chiesto la concessione delle attenuanti generiche per gli imputati o per le pene invocate (comunque non particolarmente miti), quanto per una ricostruzione dei fatti che sembra minimizzare l'accaduto. Nel corso della sua requisitoria contro dieci anarchici, infatti, il pubblico ministero Alessandro Gobbis ha ricostruito quella giornata di coaso, ridimensionando le gesta dei dieci anarchici.
E allora - per i fatti del 22 gennaio 2009 - appaiono un po' addolcite le accuse di interruzione di pubblico servizio per aver bloccato la circolazione dei mezzi pubblici in viale Liguria, piazza XXIV Maggio e via Manzoni, di resistenza a pubblico ufficiale per il tentativo di forzare un cordone di polizia con il lancio di un fumogeno e prendendo a calci le macchine di servizio, di danneggiamento per aver divelto un cartellone pubblicitario, di danneggiamento seguito da incendio per aver dato fuoco a un raccoglitore dell'immondizia in corso Genova;, e infine di rapina, per la sottrazione di alcune felpe al negozio Bershka di via Torino, seguite dalle minacce a un inserviente che aveva bloccato uno dei ragazzi. «lascialo andare o spacchiamo tutto». Secondo il pubblico ministero, però, i «dieci minuti di turbamento della circolazione stradale» in piazza XXIV Maggio non costituiscono «un lasso temporale apprezzabile ai fini della consumazione del reato di interruzione del servizio del trasporto pubblico urbano». E ancora, nemmeno si può parlare di danneggiamento del cartellone pubblicitario divelto perché «non era ancorato alla sede stradale e pertanto il suo spostamento non ha comportato un danno irreversibile». Infine, anche la rapina contestata a cinque dei dieci imputati «presenta una ridotta gravità sia sotto il profilo della minaccia esercitata che del valore della merce sottratta», per quanto «in punto di diritto non si possa escludere la rilevanza penale del fatto, né ravvisare un diverso titolo di reato, in quanto il profitto perseguito dagli autori del fatto nondeve essere necessariamente di natura patrimoniale, ma ben può consistere nella finalità di conferire una minore risonanza mediatica allamanifestazione di protesta». Ad ogni modo, il pubblico ministero ha contestato il reato solo a due degli imputati, Alessia Casu e Mattia Zanotti. Soggetto, quest'ultimo, che ha anche qualche altro guaio con la giustizia.

Il 29enne, infatti, è stato arrestato lo scorso 9 dicembre con altri tre attivisti No Tav su richiesta della procura torinese con l'accusa di attentato con finalità terroristiche per l'assalto al cantiere del 14 maggio 2013.

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