Dorfles, il filosofo-pittore che "raccontò" i manicomi

«Sua Longevità», anche psichiatra, frequentò Basaglia. La storia nel libro di Francione tra opere e notazioni

Dorfles, il filosofo-pittore che "raccontò" i manicomi

Sua Longevità Gillo Dorfles ci ha lasciato nel 2018, il 2 marzo. Aveva quasi 108 anni. Una lunga vita vissuta con signorile sprezzatura, pervasa dall'arte - commentata da critico e studioso, praticata da pittore, pur se si ascoltano malignità quali «se anche non avesse dipinto niente, non ci sarebbe alcun vuoto da colmare» -, segnata da pietre miliari come «Il Kitsch. Antologia del cattivo gusto», volume uscito nel 1968 per Mazzotta. Negli ultimi tempi, a Nuovo Millennio ormai maturo, Dorfles giocava in punta di fioretto con la morte. S'era trasformato in un Highlander, ritto nelle sue giacche di tweed, con il volto di quercia. Lo trovavi alle mostre (alla Fondazione Prada, in Triennale), ai convegni, sulle pagine dei quotidiani. Sua Longevità, nato a Trieste quale suddito dell'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe, viveva in sintonia con l'Europa dell'euro e il mondo mutato da Internet: un contemporaneo al di qua del 900.

È a una figura come la sua, icona di riferimento per cause culturali non di rado contrapposte, che Fabio Francione dedica il volume scritto per Mimesis: «Gillo Dorfles. Vivere il presente osservando il futuro» (84 pagine, 8 euro). Un libro in divenire, ci avvisa l'autore dalla copertina munariana, fatto di annotazioni e divagazioni intorno a un intellettuale indefinibile.

Dorfles era anche psichiatra: gli abissi dell'anima, ancorché sublimati dall'arte, facevano parte dei suoi interessi. Su questo aspetto, Francione scrive pagine illuminanti; ci fanno scoprire un Dorfles medico nei manicomi e che ebbe frequentazioni con il collega triestino Franco Basaglia (padre della legge che i manicomi li abolì). I matti, tormentati da fantasmi interiori, Dorfles li dipinse, come documentò la mostra curata da Francione con Davide Dell'Ombra - e interventi di Luigi Sansone - a Casa Testori nel 2018, per i 40 anni dalla scomparsa di Basaglia. Quei dipinti, messi a colloquio con le «matterelle» nelle tele di Testori, portarono l'attenzione sul lavoro d'artista di Dorfles, che sempre accompagnò l'attività di organizzatore, critico, professore. Il libro ne mette in luce la sfarfallante mondanità, la vena inesausta di curiosità e distaccata ironia. E dà a Dorfles il ruolo di coscienza estetica dei movimenti artistici del 900 e contemporanei. Il suo lavoro - condotto con stile da dandy, con la passione per gli aspetti in apparenza trascurabili dei costumi sociali - è ancora da studiare in ogni recesso, come accade con le figure destinate a lasciare un segno oltre la loro umana avventura. Dorfles aveva un'opinione personale del tempo. La scrisse nel 1951 per un convegno alla Triennale - tema: «De Divina Proportione» - al quale partecipavano Le Corbusier, Bruno Zevi, Pierluigi Nervi e Rudolf Wittkover. Eccola, dal libro: «Il tempo è elastico e mutevole. Viviamo in durate diverse che si sovrappongono e si integrano senza mai collimare; la durata del nostro cuore, del nostro cervello, del nostro pensiero, della nostra vita sociale, sono diverse e spesso indipendenti». Dorfles dominò tutte le incarnazioni del Tempo, fino a prendersene gioco negli estremi e fecondi anni.

Ma è morto davvero, Dorfles? Se lo chiede Francione, che ne ha scritto dal 2003 al 2018. Anni di indagini per avvicinarsi a un uomo che frequentò la poesia (alcuni suoi versi erano apprezzati da Umberto Saba), la filosofia, la musica (suonava il pianoforte); a un critico che scoprì l'America, nel pionieristico viaggio «coast to coast» degli anni '50; a un organizzatore che nel 1948 fondò - con Bruno Munari, Atanasio Soldati e Gianni Monnet - il Mac-Movimento arte concreta.

Dorfles incontrò le migliori intelligenze del Novecento e le tratteggiò in alcuni libri, come «Lacerti della memoria».

Si è trovato, testimone o creatore, nei punti nodali di un secolo lungo, non breve come voleva lo storico Eric Hobsbawm. No, Sua Longevità Gillo Dorfles non è morto, la lezione continua.

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