Expo, il rebus dei 60 milioni fantasma

Expo, il rebus dei 60 milioni fantasma

La prima falla si era aperta poco più di un anno fa, quando la Provincia di Milano si sfilò da Expo lasciando in eredità mancati finanziamenti per 60 milioni di euro, e costringendo il governo a metterci una (costosissima) toppa. A distanza di un anno, il problema si ripropone. E ancora un volta, per qualcosa come 60 milioni. È la quota che il commissario Giuseppe Sala si aspetta dalla Camera di Commercio di Milano, e che l'ente non ha ancora versato. Il punto però è che quei soldi ci sono, ma sono bloccati. In un cortocircuito molto tutto italiano.
Cosa accade? Che all'atto di nascita di Expo 2015 spa, la Camera di Commercio entra con una partecipazione del 10%, una quota che viene calcolata in un finanziamento nell'evento pari a circa 60 milioni di euro per il triennio 2013-2015. Via Meravigli, però, per statuto non può contribuire a fondo perduto, ma deve vincolare quello stanziamento a una contropartita infrastrutturale che possa rispondere alle finalità di servizio dell'ente. L'intesa venne così raggiunta sul Padiglione Italia. In pratica, la struttura (l'unica a sopravvivere all'Esposizione) avrebbe dovuto prendere il nome di «Palazzo dell'Innovazione», diventando una delle sedi della Camera di Commercio, ospitando le attività tecnologiche e di ricerca, presso cui avrebbero dovuto trasferirsi circa 200 dipendenti. Tutto sembra andare per il verso giusto a quando, nel 2011, nasce Arexpo spa.
Arexpo è la società controllata da Regione, Comune, Fondazione Fiera, Provincia di Milano e Comune di Rho con il compito di acquisire le aree del sito espositivo, valorizzarle e coordinare i lavori per la riqualificazione del post 2015. In parte, si tratta degli stessi soggetti che entrano nella compagine societaria di Expo spa. In teoria, dunque, basterebbe che la mano destra dialogasse con la sinistra. Eppure è proprio qui che il meccanismo va in tilt. Perché tra gli asset di Arexpo c'è anche il Padiglione Italia, e Arexpo spa - a differenza di Expo - non intende cedere l'edificio. Bloccando così di fatto i 60 milioni promessi dalla Camera di Commercio. E di cui ora Sala chiede conto.
L'ultimo sollecito del commissario unico per il 2015, infatti, risale al consiglio di amministrazione del 6 maggio scorso. Durante quella riunione Sala presentò una lettera nella quale i soci venivano invitati ad adempiere ai propri obblighi economici. Il riferimento era proprio all'ente di via Meravigli, in cui l'interlocutore è Claudio De Albertis, presidente di Assimpredil e che in Camera di Commercio è membro della giunta. Da allora è trascorso un mese, e allo stato la situazione non sembra essere uscita dallo stallo assurdo in cui è piombata. Tra poco più di una settimana è prevista una nuova seduta del cda di Expo, e il nodo verrà nuovamente affrontato.

È chiaro che la società che gestisce l'esposizione non può permettersi di rinunciare a 60 milioni di euro in tre anni, ma è anche vero che da parte della Camera di Commercio c'è la volontà di contribuire (ma ovviamente, secondo i limiti imposti dal proprio statuto) alla realizzazione del grande evento del prossimo anno. Il rischio di una nuova defezione, dopo quella della Provincia di Milano, appare dunque scongiurato. L'accordo su una contropartita alternativa al Padiglione Italia, dunque, è più che mai possibile.

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